Serata di incipiente inverno. Il sole del pomeriggio ha ceduto il posto a una notte fredda e gravida di foschia. Non è propriamente nebbia, ma vista e suoni sono come compressi, ovattati.
La distanza che l'auto deve percorrere è molto breve, ma pochi chilometri sono sufficienti ad accentuare la sensazione di spostamento non nello spazio, bensì nel tempo.
Tratti di aperta campagna non illuminati da una luce e soffusi di nuvole bianche che si alzano lentamente dal terreno.
Basta un attimo e luci fioche diventano la piazza di un paesino. Un parcheggio semivuoto, un silenzio assordante. Un ristorante deserto come tutto il resto, ma che da inizialmente algido si trasforma progressivamente in un luogo dell'anima, delle nostre anime.
Non c'è un motivo particolare che determini la trasformazione, o forse sì. Siamo seduti di fronte, come raramente ci accade e scopro che i suoi occhi sono due fari nella notte. L'avevo già notata, ovvio, l'intensità del suo sguardo, ma non così, non in questi termini.
La serata si scalda, il vino accende l'atmosfera e quegli occhi diventano sempre più ardenti, mi fissano, mi trapassano, mi bruciano, mi devastano. Non li avevo mai visti, così e mi scopro a chiedermi se sia frutto di una mia distrazione o della situazione che si è creata.
Accuso un leggero imbarazzo, nel profondo del mio animo, ma in breve esso si trasforma in una piacevole sensazione di scoperta, che poi diventa emozione intensa, frutto del fatto che le cose che non scopriamo di primo acchito, ma in un secondo tempo, possono diventare una spiacevole sorpresa, o una fantastica rivelazione. Tale è per me: quegli occhi sono sonde, emettono raggi laser che sembrano volermi vivisezionare, indagare in ogni più remoto recesso della mia psiche e del mio animo.
Scopro una nuova persona, forse la scopre anche lei. Non l'avevo vista così, fino ad ora, non così compiutamente. Sono in difficoltà con me stesso, come impaurito dalla mia scoperta. Ma è solo un attimo. Poi tutto si trasfigura, capisco, ne prendo atto e mi accingo con gioia a "cambiare di livello", come direbbe un accanito cultore di videogiochi.
La cena prosegue, i toni si affinano, le schermaglie si fanno più ironiche, rarefatte, complici. Uscendo, tutte due siamo perfettamente consapevoli che NON siamo più le due persone che erano entrate nel ristorante meno di due ore fa. E la prospettiva non ci spaventa certo, anzi...
Piero Visani
Non c'è un motivo particolare che determini la trasformazione, o forse sì. Siamo seduti di fronte, come raramente ci accade e scopro che i suoi occhi sono due fari nella notte. L'avevo già notata, ovvio, l'intensità del suo sguardo, ma non così, non in questi termini.
La serata si scalda, il vino accende l'atmosfera e quegli occhi diventano sempre più ardenti, mi fissano, mi trapassano, mi bruciano, mi devastano. Non li avevo mai visti, così e mi scopro a chiedermi se sia frutto di una mia distrazione o della situazione che si è creata.
Accuso un leggero imbarazzo, nel profondo del mio animo, ma in breve esso si trasforma in una piacevole sensazione di scoperta, che poi diventa emozione intensa, frutto del fatto che le cose che non scopriamo di primo acchito, ma in un secondo tempo, possono diventare una spiacevole sorpresa, o una fantastica rivelazione. Tale è per me: quegli occhi sono sonde, emettono raggi laser che sembrano volermi vivisezionare, indagare in ogni più remoto recesso della mia psiche e del mio animo.
Scopro una nuova persona, forse la scopre anche lei. Non l'avevo vista così, fino ad ora, non così compiutamente. Sono in difficoltà con me stesso, come impaurito dalla mia scoperta. Ma è solo un attimo. Poi tutto si trasfigura, capisco, ne prendo atto e mi accingo con gioia a "cambiare di livello", come direbbe un accanito cultore di videogiochi.
La cena prosegue, i toni si affinano, le schermaglie si fanno più ironiche, rarefatte, complici. Uscendo, tutte due siamo perfettamente consapevoli che NON siamo più le due persone che erano entrate nel ristorante meno di due ore fa. E la prospettiva non ci spaventa certo, anzi...
Piero Visani
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