mercoledì 17 ottobre 2018

Il cammino di ogni speranza

       Secondo i dati forniti da "la Repubblica", la percentuale di italiani favorevoli alla permanenza nell'UE è scesa al 44%. Personalmente, mi sembra una quota ancora molto elevata, ma deve essere composta essenzialmente da politicanti, membri delle varie burocrazie (di Stato e no), untori e untorelli, demototalitari e giornalisti del sistema mediatico.
       Non mi strapperò le vesti come fanno in molti (salvo correre subito a ricomprarsi un bell'abito Armani con i soldi depredati a me e a tanti come me...). Non identifico in alcun modo l'Unione Europea con un'idea corretta di Europa, che resta un positivo obiettivo in un'epoca di grandi articolazioni geopolitiche e di importanza estrema della "massa critica" di una struttura multinazionale.
       Sono però lieto che una realtà verminosa come l'Eurolager stia incappando nel problema tipico di un aborto economico che ha preteso di diventare politico sulla base di una dinamica inversa che poteva apparire credibile (e gradita...) solo agli eurocrati che ci hanno lucrato sopra carriere e patrimoni. Ora che quella costruzione abortiva ha mostrato la propria natura a tutti, è chiaro che, in un crescendo di povertà e di impossibilità di fare qualsiasi cosa a causa di vincoli di ogni tipo e di una fiscalità da rapina, tutti sperino che essa venga a morire il più presto possibile.
       Proprio per questa ragione non appare del tutto da escludere che la UE si impiccherà con la stessa corda che avrà predisposto per noi. Noi moriremo tra gli stenti, da sempre più poveri, lei precipiterà nel gorgo di melma che con grande "abilità" ha saputo creare.
       Sarà una tabula rasa: precisamente quello che ci serve per cominciare a costruire un Europa che, dopo essere stata "un gigante economico, un nano politico e un verme militare" ed essere successivamente diventata un verme in tutti e tre i campi testé citati, guardi infine al suo futuro e a quello dei popoli che la abitano, al loro benessere e alla loro felicità, e non solo ai patrimoni personali dei suoi burocrati e della grande finanza che li manovra.

                             Piero Visani





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