martedì 26 settembre 2017

"Non fare l'italiano, fai l'inglese!"

       All'inizio del nuovo millennio, mio figlio Umberto, matricola di Giurisprudenza, fu costretto a seguire una serie di conferenze di Diritto tributario presso la sua università. Nel giro di un mese o poco più si succedettero in cattedra eminenti soloni, tutti titolari di studio privato, oltre che esimi cattedratici, e cominciarono a disquisire sui rapporti tra cittadino e fisco.
      Diligente studentello, mio figlio arrivava ogni settimana a casa con gli appunti presi nel corso di questi illustri appuntamenti con i "tutori della morale". Me ne capitarono sottomano alcuni, di cui uno relativo a una lectio magistralis tenuta da uno degli attuali indagati a Firenze. Fu come leggere un bel romanzo d'evasione (non fiscale...): paroloni, tutti scritti maiuscolo o almeno con l'iniziale maiuscola e lunghi elenchi di cose da fare per essere "cittadini onesti e in regola" (dopo tutto, erano prescrizioni a terzi, mica a se stessi...).
       Avendo sempre avuto un ottimo rapporto con mio figlio e non volendo che diventasse un cittadino italiano idiota e credulone come la maggior parte degli altri, presi a spiegargli punto per punto - visto che avevo maturato per lavoro una certa esperienza nel settore - le differenze intercorrenti tra la finzione (vale a dire l'oggetto delle lezioni cui stava assistendo) e la funzione (vale a dire ciò che accadeva davvero nella realtà), e gli feci alcuni esempi sul rapporto che un cittadino comune poteva avere con i pubblici poteri in Italia e nel Regno Unito.
       Credo di essere stato un convincente maestro, perché - da allora - la sua fiducia nel sistema pubblico nazionale è pari alla mia, cioè di poco inferiore allo zero assoluto...
       Di conseguenza, ho trovato molto divertente vedere costretti agli arresti domiciliari alcuni cattedratici elargitori di quelle "splendide" lezioni, gente che in pubblico parlava e parla di morale, e che in privato, invece, esorta i perturbatori del sistema da loro creato a "fare l'italiano, non l'inglese!".
       Siamo un Paese di doppia e tripla morale, mi è ben noto, ma va sottolineato con forza che - da noi - la criminalità comune almeno ha un proprio codice d'onore molto rigido, cui in genere si attiene. Altrettanto non si può dire per i dispensatori a gettone di "pubbliche virtù", i cui "vizi privati" sono macroscopici e costoro sono ben attenti a cercare di mantenerli in eterno.
       Ovviamente questo caso finirà in una bolla di sapone, come tutti i precedenti, e colui che l'ha denunciato dovrà correre a farsi una carriera universitaria in Inghilterra, dove lo valuteranno di norma per i suoi meriti accademici. Qui, ormai, il poveretto ha palesemente chiuso con l'università: non per demerito, ma per il rifiuto del metodo, quel metodo che fa sì che le eccellenze italiane crescano tutte all'estero. Qui prosperano i leccaterga. Il sistema pare che piaccia all'italiano medio. Non giova alla Nazione latamente intesa, ma ai singoli coinvolti sì. Avanti così!

                         Piero Visani



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