Molti dei rifugiati nella nostra "espressione geografica" provengono da Paesi dove non scoppia una guerra da decenni e dove, al più, si manifesta qualche forma di ribellismo antigovernativo.
La vulgata polemica attribuisce questo atteggiamento a scelte "buoniste", e sicuramente c'è del vero. Aggiungerei però anche un'altra forma di notazione: quanti italiani - nella burocrazia e non solo in essa - sanno davvero DOVE ci siano guerre, per quale ragione (nel caso) siano scoppiate e chi combatta contro chi.
Le mie piccole indagini in materia mi parlano di un'ignoranza formidabile e diffusa, di livelli ormai statunitensi, per cui oggi uno potrebbe arrivare dal Lichtenstein (Paese dal nome impronunciabile per la maggior parte dei connazionali) e sostenere a buon diritto che è in corso una guerra (magari senza precisare che è contro la fiscalità vessatoria...) e vedersi assegnata la qualifica di rifugiato. Ovviamente si tratterebbe di un caso macroscopico di eterotelìa (o eterogenesi dei fini) venirsi a rifugiare in Italia dal Lichtenstein per finire nelle fauci del fisco italiano, ma uno potrebbe pensare che - dopo tutto - mai sentito che ad un rifugiato si facciano controlli fiscali, ergo l'idea non sarebbe poi così peregrina: passare da una fiscalità molto bassa a una tassazione zero...
Per non parlare di esigenze di distinguere tra Iran e Iraq, Nigeria e Niger, Congo e Zaire, e via farneticando.
Perché la formazione scolastica - sapete - non serve a nulla: è sufficiente studiare economia e inglese...
Piero Visani
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