sabato 21 ottobre 2017

Se questo è un uomo...

       Aveva compiuto un viaggio nello spazio, Fayal Haitot, il marocchino di 49 anni suicida a Como nell'incendio dell'appartamento in cui viveva, insieme ai suoi quattro bambini (un maschio e tre femmine). Credeva che fosse un viaggio nel tempo, oltre che nello spazio, ma pian piano si era accorto che i disastri che aveva compiuto nel suo Paese un certo tipo di società li stava riproducendo pari pari anche in Italia, la meta agognata cui era approdato.
       Era stato aiutato, certo, anche se probabilmente a lui erano arrivate solo le briciole, bruciate da "sistemi di assistenza" vari, non propriamente disinteressati. Aveva perso il lavoro, non era nemmeno più in grado di comprare il latte per i suoi bambini o di mettere benzina nella sua vecchia auto.
       Forse si era progressivamente accorto che la sua situazione non era poi così peggiore di quella di molti italiani, deliberatamente colpiti da un sistema che intende strangolarli tutti, e questo non aveva certo lenito il suo crescente sentimento di disperazione, acuito dal fatto che una burocrazia implacabile (molto più implacabile di qualsiasi forma di delinquenza...) stava per portargli via anche i figli, in quanto incapace di mantenerli.
       La moglie di Haitot era già caduta in depressione, lui forse vi era caduto ancora di più della consorte, ma lottava, si arrabattava, cercava di fare qualsiasi cosa pur di mantenere i suoi figli. Poi la resa. Contro il Leviatano di uno tra i più iniqui sistemi che la Storia abbia mai conosciuto, c'era poco da fare. Da solo, Haitot poteva fare pochissimo, salvo attingere alla carità dei vicini. Per il resto, doveva essergli pesato come un macigno sull'animo che avrebbe dovuto abbandonare i suoi quattro figli, sangue del suo sangue, alle mani rapaci o distratte di un Moloch pronto a schiacciarlo.
       Ha cercato una via di fuga. E' facile condannare chi si suicida, ma occorrerebbe pensare agli abissi di disperazione in cui precipita. Non leggeva le statistiche Istat sulla ripresa dell'occupazione, conosceva solo la realtà di una quotidianità dove lavoro per lui non ce n'era.
       Non pensava che una qualche forma di riformismo lo avrebbe salvato. Quelle sono facezie da sociologi e "scienziati sociali". Non sapeva niente di niente, non si nutriva di pensiero astratto. Doveva cercare di dare da mangiare ai suoi figli, e non ci riusciva. E temeva che magari non li avrebbe visti mai più, dispersi chissà dove, affidati a chissà chi.
      Ha cercato una soluzione, e l'ha trovata. Dicono che sia l'atto peggiore, ma non è vero. E' l'atto migliore. Meglio di quell'atto c'è solo la rivolta, la ribellione, la distruzione dell'immane sciagura rappresentata da un sistema politico ladro e affamatore. Non si poteva pretenderla da un poveretto al limite della sua capacità di sopportazione e disperatamente solo.
       Si dirà che era immigrato, non era autoctono. Tutto vero, ma era anche UN UOMO. Ma di quest'ultimo aspetto non interessa alcunché ad alcuno. Una cleptocrazia e un totalitarismo senza limiti, abbinati alla demonia dell'economia, ci hanno trasformati - se non viviamo ai vertici del sistema sociale o arruolati tra i suoi "cani da guardia" - in merce sacrificabile e, poiché viviamo nei bassifondi o ai margini della società, anche in merce di nessun valore. Merce da espropriare, se per caso avessimo qualche bene residuo su cui contare; merce da depredare, se avessimo ancora liquidità; merce da eliminare, quando scaduta (e siamo tutti prossimi a scadenza...).
      E' il migliore dei mondi possibili, bellezza! Se ci pensi un po' su e se lo guardi - o, peggio, se lui guarda te, come l'abisso nietzscheano - non rimane da fare molto altro che suicidarti, se non altro perché un "pazzo morire" è molto meglio di uno schifoso vivere. Poi, ovviamente, ci sono soluzioni più creative, ma non pretendiamole da chi ha sperimentato sulla propria pelle quanto sia grande l'amore che sanno darti coloro che hanno a cuore il "benessere dell'umanità"...

                 Piero Visani



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