Da bordo del "Savannah", 19 settembre 1880
Per fortuna che non ho mai fatto parte della Marina confederata! Non credo che sarei riuscito a portare la gloriosa "Stars and Bars" sui mari di tutto il mondo, come fecero quegli illustri comandanti, riuscendo a far garrire la nostra bandiera quando già la Confederazione non esisteva più! Io sarei morto di mal di mare, esattamente come sto morendo ora!
La mia unica distrazione quotidiana è Isabel. La pensavo donna misteriosa, mentre invece è arguta, allegra, divertente, talvolta un po' civetta, ma amabilmente tale.
Nelle nostre conversazioni, ho notato che tende a sottolineare il suo interesse per me evidenziando i nostri punti di convergenza. Il suo eloquio è guardingo, ma preciso, puntuale; discreto, ma non superficiale. La sua voce è argentina, fresca, piena di modulazioni tonali, che tendono ad accompagnare il flusso delle sue emozioni e ad assecondare le sue argomentazioni. Sembra più giovane della sua età, e certamente è giovane in ogni caso.
Pare una giovane donna gioiosa, piena di vita, bramosa di conoscere il mondo. Forse non particolarmente ricca di esperienze, ma curiosa di tutto e tutti.
Il viaggio ci sta spingendo l'uno verso l'altra e le onde di questo oceano maledetto ogni tanto ci tengono bordone, portando fuggevolmente i nostri corpi a contatto, sotto il loro impeto. Questa fisicità - lo sento - già trasuda passione, perché non è soltanto il mio corpo a vibrare. Anche il suo prova i medesimi stimoli, risponde alle stesse sollecitazioni. La sua natura squisitamente femminile la induce a mascherarlo maggiormente, con pudica discrezione, ma io lo sento e credo che, al di là del mio mal di mare, la nostra speranza, ogni mattina, sia che i venti e le onde dell'Atlantico ci spingano, ogni tanto, l'uno nelle braccia dell'altro. E la pantomima che ne nasce è stupenda: io che mi scuso, lei che sorride con degnazione e i nostri corpi che fuggevolmente si incrociano, le nostre menti e i nostri sensi che già anelano a una successiva onda anomala...
La notte, nella mia cabina, ho aperto le istruzioni che mi sono state date dal generale Forrest. La missione è difficile, molto difficile: recuperare il tesoro che la Confederazione, nel 1864, quando già le sorti del conflitto parevano segnate, aveva trafugato in Europa, sfuggendo al blocco della Marina unionista. La stampa americana sostiene che questo tesoro sia depositato, intatto, in talune banche londinesi, di fatto inesigibile, ma la missiva del generale Forrest, che ho provveduto immediatamente a bruciare, dopo averla letta, mi ha reso edotto che in realtà questa somma enorme si trova, sotto forma di dollari USA e di lingotti, in una tenuta non distante da Londra, ben sorvegliata da uomini ancora fedeli alla nostra causa. Il mio compito è recuperarla e riportarla negli Stati Uniti, dove servirà a finanziare la nostra resistenza.
Isabel Archer, nelle intenzioni del generale Forrest, avrebbe dovuto rappresentare uno splendido pretesto e una magnifica copertura per il mio viaggio in Europa, ma il rivederla ha riacceso in me un'antica fiamma, probabilmente mai spenta, e ora penso a lei non meno che alla mia missione. Non era questo che avrei dovuto fare, ma quella donna è talmente splendida che ha conquistato il mio animo, acceso i miei sensi, concentrato le mie attenzioni.
Ho già deciso: porterò a termine due missioni, quale che possa essere il loro livello di difficoltà...
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