Si analizzano molte asimmetrie, nei rapporti conflittuali tra mondo dei "tagliagole" e mondo dei "cravattari", ma in genere se ne sottovaluta una - quella demografica (il tasso di natalità europeo fa sorridere, se posto a confronto con quello dei Paesi islamici) - e si fa del tutto astrazione di un'altra, quella delle motivazioni.
Quali motivazioni dovremmo avere, noi europei? Non ci consideriamo, a differenza degli statunitensi, portatori di un "destino manifesto". Siamo finiti nel 1945 e da allora è cominciata la nostra lenta agonia. La nostra è palesemente una road to nowhere, da ascari, da servi dell'impero americano. Cosa possiamo cercare, cosa possiamo dare, cosa possiamo ricevere?
Le foto dell'attentato di Tunisi sono eloquenti: signori di età avanzata, ovviamente pensionati, che si "godono" le angustie mentali, psicologiche e ora anche economiche di Welfare States che da tempo il Welfare lo hanno circoscritto a pochi beati possidentes, che ci lucrano sopra rubando allegramente tutto a tutti, compresa la vita e la proprietà della casa, e che - chissà come mai? - ancora non sono concepiti come "nemici principali", molto più dei "tagliagole" dell'ISIS.
Come scrissero un tempo gli "Amici del Vento" in una loro fondamentale canzone, "Qualcuno che ti osserva già vorrebbe la tua gola". Ma chi è questo qualcuno? Il nemico esterno, l'hostis di schmittiana memoria, che neppure ci vuole "finire", perché sa benissimo che siamo tutti "finiti" da tempo, o il nemico interno, l'inimicus, che sui nostri "cadaveri in buona salute" intende lucrare fino all'ultimo e anche oltre?
In un bell'articolo su "La Stampa" di oggi, Domenico Quirico, uno che queste esperienze le ha fatte sulla propria pelle, scrive di "guerra totale islamista". Non sono per nulla d'accordo, ma noto come egli colga alla perfezione il fatto che stia montando - lento ma sempre più veloce - una sorta di "assalto al potere mondiale" che ha una motivazione forte, fortissima, e non necessariamente economica, ma è frutto di una fanatica passione, di un amore per la vita (e per il suo naturale risvolto, la morte) che è mille miglia lontano dal nostro scetticismo di servi sciocchi e in fondo soddisfatti della nostra condizione servile, di vacanzine sempre più brevi a Cesenatico e "di furbi che come sempre non affogano"...
E' una ricerca di "vivere di più" di popoli giovani, di popoli che non vogliono vivere per una pensione ma per essere una "comunità di destino", di soggetti che intendono essere "sottomessi" al loro Dio, non all'alta finanza e al capitalismo di rapina, in cambio di una "mancia" tassata da 1.000 euro il mese, di quelle che ti fanno sentire davvero "ricco" e con il mondo ai tuoi piedi, pronto ad essere tartassato dai "volonterosi carnefici" al servizio di un potere corrotto.
Ci fanno paura, questi "sottomessi"? E' giusto. E' la loro voglia di vivere e di morire per una visione del mondo, giusta o sbagliata che sia, che ci turba nel profondo. E' l'invidia che i morti per "demonia dell'economia" hanno nei riguardi dei vivi.
Piero Visani