Per indole, tendo a interrogarmi. Mi pongo continuamente domande. Non necessariamente cerco risposte. Sono le domande la parte che mi intriga di più.
Il mio animo è percorso da vuoti e il mio sforzo consiste essenzialmente nel riempirli.
Da tempo ho abbandonato un approccio soverchiamente autoreferenziale per cercare l'ascolto: l'ascolto degli altri e anche un superiore ascolto di me.
Ho ricevuto qualche buon consiglio, al riguardo, e cerco di farne tesoro, per proseguire nella mia personale esplorazione.
Ho esigenze complesse, sono un soggetto molto tormentato. Mi capita molto raramente di essere capito, ma - quando mi capita - cerco di sfruttare a fondo quella felice opportunità per sviluppare dialoghi altrimenti impossibili.
La comunicazione bilaterale, se e quando nasce, garantisce momenti fecondi, talvolta di pura felicità. Ci si parla, ma il dialogo non rimane in superficie bensì va a fondo, scavando e scandagliando. Gli orpelli delle convenzioni sociali vengono rimossi ad uno ad uno, per lasciare spazio a momenti di pura intimità spirituale, che non sono meno importanti della pura intimità fisica, anzi ne costituiscono un decisivo corollario.
Se si ha fortuna, si può trovare una guida spirituale, una "luce interiore" che serva a illuminare nel proprio cammino esistenziale, che aiuti ad evidenziare ciò che conta veramente rispetto a ciò che no.
E' un fatto di empatia, di chimica e anche di esigenze condivise, a cominciare dall'esigenza di capire.
Sono sempre stato un soggetto molto speculativo, ma trovare un appoggio esterno in questa dinamica è molto importante, perché si possono ricevere fecondi apporti.
Così continuo a vivisezionarmi, ad esplorarmi, ad esplorare, e gran parte di ciò che vedo mi conforta e mi stimola. Tuttavia, sotto la guida di una "luce interiore" si riesce a vedere ancora di più, si riescono a penetrare dimensioni che altrimenti forse sfuggirebbero.
Non c'è niente di religioso, in tutto questo. Sono uno spirito assolutamente laico, ma mi piace viaggiare all'interno della mia anima, per scoprire, per ipotizzare che non vi sia solo dolore, ma anche la possibilità di sperare, di trascendere.
Dialogo con me stesso e con chi mi supporta in questa esperienza di conoscenza. Non cerco risposte, cerco di ampliare il ventaglio delle mie domande, portandole sempre più in profondità. Sono le domande, i miei vuoti. I pieni li conosco, ma non mi interessano altrettanto. Cerco un senso e, se non lo trovo, cerco di darlo io. Vorrei capire ed essere capito, e per questa ragione sto approfondendo le mie tecniche di ascolto, tuttavia posso dire che non si tratta di un comportamento molto praticato. Tuttavia, mi guardo molto intorno, e apprendo...
Piero Visani