Via Manzoni, Milano. Gelida
mattinata invernale. Esco da un ufficio ed entro in un caffè. Un leggero urto
contro una persona, che francamente non avevo visto. "Mi scusi!",
sorrido, e gli occhi incontrano quelli di lei...
Quante possibilità si hanno di
incontrare una persona che si conosce, che si è amata, nel cuore di una
metropoli? Non lo so, però mi sta capitando...
Un momento di incertezza mi
traversa il cuore e la mente: devo fingere di non riconoscerla? Impossibile. Siamo
a meno di un metro l'uno dall'altra e, anche se sono passati vent'anni, nessuno
dei due è cambiato al punto da risultare irriconoscibile. Mi apro a un largo
sorriso, mentre il cuore sussulta: "Carla?" [il nome è totalmente
inventato, per ovvi motivi]. Anche lei mi ha riconosciuto subito e mi bacia con
trasporto sulle guance, come se non fossero vent'anni che non ci vediamo.
"Prendi un caffè con me. Ci incontriamo dopo vent'anni in un bar, non
vorremo salutarci subito..."
Così ci sediamo, e ci scrutiamo.
Vent'anni non sono pochi, ma Carla è comunque quasi dieci anni più giovane di
me, dunque ne ha 52. Li porta bene. Sempre piccolina, sempre minuta. Il fisico
è rimasto asciutto. Ben vestita. Qualche ruga in più, inevitabilmente. Il viso
più tirato. La stessa tristezza di sempre negli occhi. Quella tristezza che ho
costantemente amato e di cui conosco le ragioni.
Abbiamo avuto una bella
storia, vera, intensa. Ci siamo amati, a modo nostro. Poi ci siamo piegati alle
ragioni sociali e abbiamo fatto le nostre rispettive vite.
Tuttavia, incontrare a grande
distanza di tempo una persona che si è amata, forse molto amata, è una
sensazione al tempo stesso dolcissima e tristissima. Dolcissima perché è molto
bello ritrovare d'improvviso chi si era perduto, e si dava definitivamente per
perduto; tristissima perché riporta alla luce ricordi, dolori, sensazioni,
tremori.
Per nostra fortuna, non si
cessa mai di amare chi si è amato almeno un po'. Ed è giusto che sia così.
Lungo un percorso esistenziale, spesso vuoto di momenti e incontri di reale
interesse, l'amore per una persona è qualcosa che accende le nostre anime e le
vivifica. Poco importa se si tratti di un amore piccolo o grande, di una
passioncella o di una storia importante. L'amore è vita, e riempie tanti nostri
vuoti esistenziali. Spesso ci ferisce, ma sempre ci rende vivi, nel bene come
nel male.
Me ne rendo conto in questo bar elegante di una via del centro di Milano.
La mia noiosa mattinata lavorativa si è come accesa, per questo incontro. E'
stato come se si fosse tolto il coperchio al vaso dei ricordi, che ora
fluiscono, inondando i nostri animi.
Carla è sempre bella, sempre
fascinosa, ma appare ferita, nel profondo, più di quanto non lo fosse quando
l'ho conosciuta. Del resto, mi attraggono le persone che sento traversate da un
dolore interiore, così come lo sono io, e in genere le scruto, cerco di capire,
talvolta le rincorro. Ho questo gusto di svelare i misteri, di percorrere i
labirinti, i meandri dell'anima delle persone contorte. Le quali talvolta si
appoggiano a me, raramente riconoscenti; in genere per buttarmi via non appena
si riprendono e si sentono meglio.
"Che cosa hai fatto in
tutti questi anni?". Un po' di racconti di vita, con qualche ritocco per
renderli più accettabili a chi mi sta ascoltando. Tanta tristezza, una certa
dose di rimpianti.
Dopo un po', con il
riemergere dell'antica confidenza, sappiamo bene entrambi che cosa dovremmo
fare: traversare la strada, prendere una camera all'Armani Hotel qui di fronte
e celebrare nel migliore dei modi questo nostro incontro, così circonfuso di
tenerezza e di malia. Così bisognoso di un re-incontro tra i nostri corpi,
oltre che tra le nostre anime.
Se non lo facciamo, è perché
le sovrastrutture sociali uccidono la nostra presenza nel mondo e ci
trasformano in tanti piccoli e stupidi automi. Avremmo un'occasione di vita,
per quanto parziale e fuggevole, e ovviamente preferiamo invece trasformarla in
un'occasione di morte, di rinuncia, di astensione (che è mille volte peggio
dell'astinenza, in quanto quest'ultima ha una motivazione forte, ideale, dunque
rispettabile).
Così, ci rifugiamo nella
banalità, nel piccolo cabotaggio, rinunciando a un attimo di vita, per quanto
fuggente. Con un colpo d'ala, ci sottraiamo alle insidie dell'incontro tra due
defunti (non in assoluto, ma a se stessi) con una bella idea: un pomeriggio en
amitié per le vie di Milano, come due giovani innamorati forse non ancora
pronti per un incontro sessuale o forse semplicemente alla ricerca di tenerezza
e complicità.
L'idea non è malvagia. Giriamo
per strade e negozi sottobraccio, scambiandoci qualche bacetto affettuoso,
sapendo bene che ogni secondo che passa ci avvicina al momento in cui ci
dovremo salutare e che quel saluto, nonostante i social network e le
mille tentazioni delle relazioni via mail, sarà definitivo, o almeno fino alla
prossima volta che ci incontreremo per caso...
Non è un girovagare nello
spazio, il nostro. E' un autentico viaggio nel tempo. Uno dei più brutti e
dolorosi: un viaggio nel tempo che avrebbe potuto essere e non è stato. Un
viaggio che non si è compiuto non per un'apertura più o meno casuale di sliding
doors, ma per nostre scelte.
Ho un groppo in gola, quando
la saluto. Ma devo fare l'uomo. Devo mostrarmi meno emozionato di lei, che
appare invece profondamente turbata. Ci scambiamo numeri di telefono e
indirizzi mail, ma sappiamo bene che nessuno contatterà l'altro. Come si
possono riprendere in mano vite già perse, forse già buttate via? Abbiamo
scelto deliberatamente di perderci, a suo tempo, e ora tutto suona strano, come
una possibile "alternativa impossibile".
Ritorno a Torino con il cuore
in tempesta, ma sapendo bene che non richiamerò Carla. E' stata lei, a suo
tempo, ad andarsene. Non avrebbe senso che ora, a vent'anni di distanza, la
cercassi io. Avevamo la possibilità, all'epoca, di trovare soluzioni diverse,
meno radicali; di preservarci come persone che si volevano bene, si capivano,
si sarebbero potute vedere ogni tanto. Ma Carla fece scelte diverse e ora...
Ora è tardi, troppo tardi.
In questo pomeriggio
milanese, siamo stati dei "viaggiatori nel tempo" e abbiamo entrambi
compreso che la scintilla, tra noi, potrebbe scattare sempre. In fondo, però,
non l'abbiamo lasciata scattare davvero mai e ora siamo qui, come squarciati da
lame che ci traversano l'anima. Siamo, come in una quantità di relazioni
amorose, una giostra delle occasioni perdute. Perdute per paura, per
sensi di colpa, per amore del quieto vivere, per stupidissimo senso di
responsabilità. E' passato un altro giorno, siamo un po' più vecchi e, una
volta di più, siamo invecchiati non per esperienze accumulate, ma per aver
deciso di rinunciare a vivere. E' questo che, sull'autostrada che mi
riporta a casa, mi fa sentire distrutto. Quante volte mi sono capitate, nella
vita, situazioni del genere, con persone cui tenevo? Perché nelle cose belle
occorre sempre scegliere, mentre il male ti arriva addosso tutto intero? E
perché siamo esclusivi, nei nostri affetti e nei nostri amori, quando in realtà
nei nostri cuori ce ne stanno molti più di uno? Quanta vita sprecata! Quanto
siamo incorreggibilmente stupidi!! Non riusciamo mai ad essere veramente noi.
Siamo come la società pretende che siamo. E' atroce: per timore di includere,
escludiamo tutto. E le nostre vite si riempiono di miseria.
Piero
Visani