martedì 4 febbraio 2014

Pomeriggio

       Luci. Persone. Negozi. Pioggia. Un caffè all'americana in un locale storico. Contrasto - volutamente ricercato - tra modernità e tradizione.
       L'ambiente è splendido, la compagnia pure. Piccoli progetti, parole, sorrisi, sguardi volutamente complici.
       Il lavoro è tanto, ma occorre comunque ritagliare dei momenti per sé. Guai non farlo!
      Con una sorta di hegeliana "astuzia della ragione", l'impianto musicale interno del locale diffonde le note di una celebre aria de "La Traviata". Scelta felicissima, in quanto l'ambiente si addice perfettamente alla musica.
       Squilla il mio cellulare, ma fortunatamente la saletta è vuota e così nessuno può constatare l'iconoclastia del contrasto tra le patriottiche note di "The Soldier's song" e quelle del capolavoro verdiano. Rispondo e la musica è talmente forte, visto che sono seduto in prossimità di uno degli altoparlanti, che il mio interlocutore non profferisce verbo, forse perché, essendo un amico, è molto sorpreso del fatto che io stia ascoltando musica lirica.
       Così, dopo un po' di silenzio, sbotta: "Ma che stai facendo?", chiede incuriosito.
       "A night at the Opera", rispondo io, ironico e malizioso, sperando che egli colga i mille riferimenti presenti nella mia risposta.
         Purtroppo - come mi capita ahimè troppo spesso, da una vita intera - non ne coglie nemmeno uno, bloccando la conversazione (che pure avrebbe potuto decollare verso una dotta discettazione relativa al disco omonimo dei Queen, che contiene nientemeno che "Bohemian Rhapsody") su qualche parola confusa, frutto del fatto che la mia risposta lo ha spiazzato e lasciato del tutto interdetto (visto che non ha minimamente colto il nesso...).
         E' la mia tragedia: non essere mai compreso nei continui riferimenti e nelle continue citazioni che faccio. E così la conversazione si spegne, nell'effluvio di banalità che si accompagna all'incapacità di cogliere gli stimoli e le suggestioni, là ove ci sono o vengono sapientemente evocati.
         Per fortuna chi mi accompagna è donna geniale, intelligentissima, perspicace, e viene colta da un accesso di riso, perché vede, nello spegnersi del mio sorriso, un piccolo dramma esistenziale che lei sa accompagnarmi da tempo immemorabile. Nota la mia delusione e il mio fastidio. Ride perché in fondo lo condivide, ma il suo carattere è più comprensivo del mio...
       Le sono infinitamente grato. La abbraccerei, solo per questo. La sua intelligenza - vivida e prontissima - è un piacere per chi, come me, non ama che nulla di ciò che dice, anche particolari apparentemente insulsi, vengano lasciati cadere per distrazione, ignoranza, disattenzione, pressapochismo.
       E questo pomeriggio, passato in compagnia di chi sa ancora cogliere tutta la ricchezza di una conversazione piena di stimoli ed evocazioni, è un viaggio nella bellezza dell'intelligenza, la più sublime delle qualità umane. Grazie, cara amica non di un solo pomeriggio.

                          Piero Visani

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