Lungomare della periferia industriale genovese, verso Voltri. Fabrizio ha un appuntamento alle 10.30 ed è arrivato dalla sua città in auto, con un leggero anticipo. Poiché sul lungomare non è possibile parcheggiare, il luogo d'incontro è un piccolo slargo del lungomare stesso, dove c'è un piccolo giardinetto. Di norma tutti si parcheggiano lì, se devono incontrare qualcuno, ma ora è metà mattina e il traffico è scarso. Chi doveva andare al lavoro o a scuola lo ha già fatto, dunque in giro non c'è molta gente.
Fabrizio è posteggiato in seconda fila, non solo perché altri posti non sono disponibili, ma perché, rimanendo in auto, può meglio controllare la situazione ed attendere la persona che deve incontrare. Il luogo non è ameno. Periferia di una città un tempo industriale, ora vocata - come la più parte delle città italiane - al declino. Un declino che si palesa nella miseria dei luoghi, delle persone, dei rari negozi, nel senso di fine di un mondo, anche anagrafica, perché il più giovane tra quelli che si affacciano stancamente sul giardinetto pare non avere meno di 70 anni.
Fabrizio ha visitato alcuni Paesi dell'Est, Russia in testa, e ne conosce bene le atmosfere e se le ritrova davanti agli occhi. Sorride: il capolavoro dei post-comunisti italiani non è stato arrivare al potere, ma trasformare una pseudo-democrazia occidentale in un Paese post-sovietico, dove tutto è misero, persino i volti, gli abiti, le auto delle persone. Persino i cromatismi tendono al grigio.
Fabrizio non si intristisce. La cosa migliore che un popolo possa ottenere è pervenire alla realizzazione del mondo che aveva sognato di avere. Molti genovesi (come molti italiani) avevano sognato questa fogna e ora ce l'hanno davanti agli occhi, dentro al cuore e dentro le tasche, miseramente vuote, così come sono vuote le loro speranze per un futuro qualsivoglia.
Sconfortanti riflessioni gli occupano la mente, mentre segue il flusso degli autobus che si arrestano alla fermata dello slargo per far scendere i pochi passeggeri che hanno a bordo. La persona che attende deve infatti arrivare in autobus - almeno così gli ha detto e così ha fatto nelle precedenti occasioni di incontro - e Fabrizio (vecchia abitudine...) ha posizionato la sua auto in modo da poter controllare tutto lo slargo solo guardando dallo specchietto retrovisore.
Dopo una lunga attesa, quando ormai Fabrizio si è spazientito e si appresta a telefonare alla persona che attende, dalla parte esattamente opposta a quella in cui arrivano gli autobus sopraggiunge lentamente una moto, un modello datato ma di grossa cilindrata.
Fabrizio lo nota e un sospetto gli si insinua nella mente: ecco perché chi stava attendendo non scendeva da alcun autobus. Forse è venuta in moto.
E' un pensiero di un attimo, il suo, che egli tende quasi a cancellare con fastidio, perché il clima di quello stentato avvio di primavera è ancora freddo, e la giornata ventosa e piovosa. Tuttavia, vedendo la moto svoltare a sinistra e ruotare in direzione della sua auto, ogni dubbio gli viene meno: "è arrivata, finalmente".
Fabrizio abbassa il finestrino e si sporge per salutarla e per conoscerne le intenzioni. La moto si ferma esattamente parallela al suo finestrino aperto. Il casco è un integrale, scuro, ma l'abbigliamento e la struttura fisica del guidatore non lasciano alcun dubbio a Fabrizio su chi si tratti. Sapeva di certe passioni, ma non le aveva mai viste messe in pratica.
Mentre dentro di sé abbozza un sorriso di compiacimento per questa piccola novità, il guidatore della moto estrae dalla cintola una pistola di grosso calibro e, con mossa rapida, esplode un solo colpo nella sua direzione, mandandogli letteralmente in frantumi il cranio.
Fabrizio passa dalla vita alla morte senza quasi accorgersene. Conoscendolo, forse il primo pensiero che avrà avuto post-mortem sarà stato che, ad onta delle sue scarsissime aspettative in materia, forse si sarebbe aspettato che quell'appuntamento finisse un po' meglio...
Con estrema calma, il centauro ripone la pistola e riparte in direzione Voltri, senza che nessuno si sia accorto di nulla. A volte le morti reali sono dannatamente simili a quelle simboliche.
Piero Visani