Come sono i sorrisi di una sera di inganni?
Che cosa ti ricordi, di quel lento scivolare nella notte?
Mi ricordo una gigantesca, insormontabile montagna di "non detto", che pesava su di me, sul mio animo, sulle cose che avrei voluto dire e fare, e si spegneva irrimediabilmente dentro.
La mia volontà iniziale era diversa, ma, quando comprendi che è tutto inutile, ti acconci alle esigenze di una dignitosa uscita di scena.
Ho sempre avuto una spiccata capacità di leggere le situazioni nella loro complessità e dunque, nel mentre vivevo il presente, pensavo già al "dopo", a come uscirne, a come restituire con gli interessi il male che mi veniva fatto. Fu una preoccupazione al vertice dei miei pensieri durante il breve viaggio di ritorno.
Non ho mai capito e mai capirò la "danza delle occasioni perdute". Se un senso aveva, quella sera, era chiudere in bellezza un incontro non del tutto casuale, diventato poi oggetto di crescenti malintesi, Sarebbe stata la chiusa migliore: il completamento - per quanto parziale e momentaneo - di una spinta reciproca. Un atto da ricordare e condividere, con sentimenti che potevano andare dal piacere alla malinconia.
Nulla di tutto questo. Gli umani amano volare basso, per poi rimpiangere, recriminare o - molto più semplicemente - dimenticare, dimenticare le loro modeste bassezze, frutto di intenti squallidamente speculativi. Non avendo una concezione della vita come una pattumiera, ove buttare tutto ciò che non serve, ogni tanto penso che mi sono saputo costruire ottime situazioni, mai buttate via da me, ma dagli altri. E sorrido, pensando alla mia capacità costruttiva. E, talvolta, anche a quella distruttiva... Del resto, non essendo di retroterra borghese, mi riesce difficile farmi rinchiudere nella categoria dei clienti: soddisfatti, insoddisfatti o rimborsati. Io sono più vicino alla cultura politica e alla fondamentale distinzione schmittiana tra amico e nemico. E a quella mi sono sempre ispirato, nei miei comportamenti. Forse è per questo che, talvolta, questi ultimi, sono giudicati inutilmente dolorosi.
Piero Visani