giovedì 21 maggio 2015

Vecchiaia

       Leggo continue riflessioni di amici - da me molto stimati - sul tema della vecchiaia, che evidentemente, per persone della mia età, è un argomento di grande attualità.
       Con tutto il rispetto per gli illustri amici, devo dire che proprio non le capisco e tanto meno le condivido. Questi toni da laudatores temporis acti mi sono del tutto estranei e, se anche so bene di avere alle mie spalle molta più strada di quanta non ne abbia davanti a me, la cosa mi è di stimolo, più che di rammarico. Penso alle infinite cose che ho ancora da fare e mi prende una grande urgenza di farle. Ho fame di vita, più che mai, e, se questo può provocare in qualcuno riflessioni di compatimento, gliele lascio fare. Quanto agli sguardi, di compatimento, quelli cerco di evitarli con la massima cura del fisico e dell'estetica.
       C'è tuttavia una cosa che davvero non capisco, vale a dire la ragione per cui la vecchiaia - o come la si voglia chiamare - debba essere considerata una malattia. Non me ne sento affetto: da giovane, non ero giovanilista; da anziano, non sono "senilista". Mi sembra di avere ancora tutto da fare e nulla mi pesa particolarmente sulle spalle, anzi sono lieto della grande esperienza che sostiene e dirige i miei atti.
       Ma non ho perso la mia voglia di sognare, non ho perso la mia voglia di fare, non ho perso la mia brama di illusioni o di passioni. Non sono facile agli entusiasmi, perché non lo sono mai stato, ma sono tuttora molto incline ai progetti, tanto più se ardui e complessi.
       Non ho rimpianti, perché ho sempre fatto tutto quello che volevo e potevo fare. Sono sempre io, sono ancora io, sempre pronto a partire e ripartire. Non invidio i giovani. Se lo desiderano, cerco di trasmettere loro la mia esperienza. Se non lo desiderano, li lascio vivere la loro vita, con successi e insuccessi.
       Non ho paura della morte, perché la morte fa parte della vita. Le vado incontro tranquillo e sereno, del tutto estraneo a qualsiasi forma di religiosità, sviluppando sempre nuovi interessi e progetti. Non sono mai stanco, o scettico, o dubbioso. Talvolta sono deluso - questo sì - ma solo perché ho incontrato dei "morti viventi" e l'incontro con costoro - notoriamente - non è mai dei più piacevoli.
       Non sono pentito di nulla, e continuo a piacermi moltissimo. Se risulto ridicolo, non mi preoccupo. A mio parere, può essere meglio risultare ridicolo che banale. L'élan vital non va in pensione e questa è una enorme fortuna.

                           Piero Visani







Nessun commento:

Posta un commento