mercoledì 27 aprile 2016

Il perdono

      Ho scritto parecchi post, in queste ultime notti, perché avevo letto qua e là affermazioni relative al perdono che mi avevano in qualche modo infastidito. Li ho tutti cancellati, ma vorrei almeno mantenere vivo un principio: non essendo di cultura cristiana, e nemmeno di altre culture religiose, di norma non sono incline al perdono. Sono attentissimo a non entrare nelle esistenze altrui e, le rare volte in cui accade, è perché proprio dagli altri sono sollecitato a farlo. Tuttavia, non sopporto la dinamica borghese abituale, che consiste in:

sollecitazione all' ingresso nella propria vita/lavoro > valutazione (o "pesatura") dell'entrante > sfruttamento del medesimo  (fino a che serve) > congedo con disonore.

       Confesso che, in circostanze del genere, non solo non penso al perdono, ma neppure so che cosa sia. Penso solo alla vendetta e, nel caso non ci riuscissi, al disprezzo accompagnato da un attento monitoraggio delle occasioni di vendetta possibili.
      Non sono un bravo cristiano? Bene, evviva, è da una vita che mi voglio così! Non sono un bravo membro di altre religioni? Fa niente, sono palesemente un "senza Dio"! Violo le regole più tipiche della psicologia, dello stare bene con se stessi, di come mi vorrebbe certa filosofia New Age? Meglio ancora e vi spiego perché: tutti coloro che fanno riferimento a quanto in precedenza citato, paiono sorprendentemente preoccuparsi solo di me e dei miei comportamenti. Non una parola su quelli di coloro che, in un modo o nell'altro, mi hanno indotto alla reazione.

    A voi non sembra strano? A me sì! Sono davvero io, solo io, quello da riportare sulla retta via? Suvvia, i "maestri di vita" monocoli o del tutto ciechi davvero non li sopporto...

                                Piero Visani