Nelle liste che stanno emergendo nello scandalo panamense ce ne sono alcune di soggetti, anche di area torinese, che hanno sempre amato farci la morale nelle seguenti circostanze:
a) se per caso non diamo prova di sano godimento nel pagare le tasse;
b) se non abbiamo un successo imprenditoriale pari al loro.
L'area torinese non è priva di soggetti che, per nascita più o meno legittima, per affinità elettiva o sessuale, per amicizie legate alla neve che abbonda nelle località sciistiche a un'ottantina di chilometri dalla città, si sono visti paracadutare al vertice di società di vario tipo o hanno avuto "incentivi di partenza", per la loro "start up", pari a non meno di qualche milione di euro.
In epoche meno invereconde della attuale, costoro avrebbero tratto legittimamente vantaggio dalla loro condizione di favore, che nessuno si perita di contestare, e ne avrebbero goduto con giusta soddisfazione, astenendosi dal rovesciarci addosso considerazioni moralistiche.
Sfortunatamente, educazione, buon gusto e senso dell'opportunità sono andati del tutto perduti, e coloro che un tempo avrebbero fatto salti di gioia per la loro condizione di "cretini di successo" hanno voluto trasformarsi anche in "maitres à penser", e notoriamente (alcuni anche lombrosianamente...) non lo sono. Scatta così la più classica delle eterogenesi dei fini, quella per cui, atteso che filosofi tra le loro file non ve ne sono e "imprenditori venuti dal nulla" nemmeno (ma ve ne sono alcuni che hanno fatto finire nel nulla le aziende o gli incarichi loro affidati), ora si apprende che anche il ruolo di moralisti, per quanto da strapazzo, non gli si attaglia granché: le fiduciarie e i prestanome li sapevano usare (non sempre benissimo...) anche loro.
In un Paese normale e non di servi, non ci sarebbe solo Crozza a prenderli sovranamente per i fondelli, come meritano (anche se a volte c'è il rischio che ne godano...).
Piero Visani