Come ho scritto più volte, anche in questo blog, tutta la storia italica può essere letta alla luce di due principi: la finzione e la funzione. La prima, ampiamente utilizzata, è sempre stata deliberatamente sovrapposta alla seconda, con risultati facilmente immaginabili.
Prendiamo - non casualmente - ad esempio la storia della Marina Militare italiana. A Lissa (1866), un ammiraglio incapace, Carlo Pellion di Persano, conduce la flotta del neonato Regno alla sconfitta contro gli austriaci. Assolve alla finzione di essere un marinaio. Ad assolvere la funzione ci pensa Carlo Faà di Bruno, che muore rifiutando di abbandonare la nave al suo comando.
Nella Grande Guerra, la Marina Militare nel suo complesso non fa molto. Ad assolvere la funzione militare ci pensano i Mas di Luigi Rizzo.
Nella Seconda Guerra Mondiale, stesso discorso: mentre una parte non trascurabile della Forza Armata dialoga con il nemico, quando non tradisce tout court (come mai, in effetti, l'ammiraglio Maugeri venne gratificato di un'altissima decorazione USA a conflitto appena terminato...?), trasformando la funzione istituzionale in finzione, gli incursori della Marina riportano tutto in parità e compiono meraviglie, come il forzamento del porto di Alessandria d'Egitto (1941), e non minori prove di valore arrivano dai sommergibilisti come Carlo Fecia di Cossato o Salvatore Todaro.
Oggi, in un periodo decisamente più triste, notizie recentissime - ancora da accertare ma certo sgradevoli - parlano di scandali e scandaletti, tutti ispirati a una logica dove la finzione è quella di essere marinai e la funzione è quella di essere nani, ballerine o qualcos'altro...
Sic transit gloria mundi, d'accordo, però quando penso a Carlo Faà di Bruno, a Luigi Rizzo, a Junio Valerio Borghese, a Teseo Tesei, a Carlo Fecia di Cossato, traditi da vivi e da morti, penso che siamo un Paese che non può (e direi non deve) avere uno Stato, perché non è giusto e non è accettabile che figure di tale eccelsa grandezza debbano essere offuscate e tradite dalle troppe miserie di ieri, di oggi, di sempre, dai navigatori di corridoi e dai ricercatori di commesse (lato sensu, a quel che si legge...).
Piero Visani