martedì 31 maggio 2016

Gastrodemocrazie

       Luoghi di ristoro (per i cuochi, non certo per il pubblico...) dove un menu a prezzo fisso di infima qualità viene contrabbandato come un esempio di splendida cucina à la carte. Come in molti locali della medesima tipologia, un'abile regia del tutto induce gli sprovveduti commensali a cantare le lodi di preparazioni che stanno all'alta cucina come la bontà al buonismo.
       Alla fine di codesta "messa laica", tutti gli ospiti sono contenti e con gli stomaci rigorosamente vuoti, ma i cuochi si sono saziati l'appetito e soprattutto riempiti le tasche.
       Il senso di insoddisfazione medio, uscendo da questi autentici "borghi putridi", è assai elevato e non infrequente la ricerca di una pizzeria (forse "sovranista" o "populista"?), nelle vicinanze, ma nessuno - salvo un manipolo di coraggiosi - si azzarda a criticare i maestri della cottura, i geni del fumo, attenti (solo ed esclusivamente per sé) all'arrosto. Gli altri - dopo tutto - hanno vissuto e stanno vivendo, proprio come noi miseri europei, un'"esperienza indimenticabile". Temo che possa essere proprio così...

                       Piero Visani