Ci sono libri che si leggono, e libri che si gustano.
Ci sono libri che si recensiscono e altri che non si possono oggettivamente recensire, perché significherebbe recensire la propria vita, i propri ideali, le proprie battaglie, se stessi.
L'amico Marco Valle mi perdonerà, ma il suo libro, nel leggerlo, l'ho gustato e sofferto: ho rivisto lui, me, i sogni di una generazione, di una parte politica, e le sofferenze ancora più assurde di chi - come me - non solo era "esule in Patria", ma lo era altresì nella Patria ideologica che si era scelto come sua, dove sono sempre stato considerato - e forse, a ripensarci ora, è assolutamente giusto che sia stato così - un corpo estraneo, un outsider di cui non si sapeva bene che cosa fare e dire.
Nel libro di Marco c'è tutta la passione di una generazione, vissuta con la partecipazione che solo uno storico non accademico può provare. Gli storici non accademici, in genere, amano ciò di cui scrivono, a differenza di taluni loro colleghi dell'accademia, e spesso sanno scrivere con grande pathos, perché stanno parlando dei loro amori, del loro Amore.
Con Marco siamo accomunati dall'amore per certe tematiche: la Guerra Civile americana, il periodo napoleonico, il Risorgimento, la caduta dell'impero coloniale francese e la questione dei "soldati perduti". Ho ritrovato molti di questi spunti nel suo libro (Confini e conflitti. Uomini, imperi e sovranità nazionale, Eclettica Edizioni, Massa, 2014, 315 pp., 18 €), che in certi passi mi è parso come se fosse stato scritto da me, tanto è forte l'idem sentire.
E' stato bello immergersi in queste pagine intrise di passione, di partecipazione civile, di sentimento nazionale, che in Marco è rimasto tanto vivo, mentre in me si è tragicamente spento, come capita agli innamorati traditi, quando l'oggetto del loro amore li delude nel profondo e loro giurano a se stessi, per tutelarsi, che non si innamoreranno mai più.
La visione del mondo, tuttavia, resta la medesima, come resta forte la condivisione del fatto che la Storia procede di pari passo con la geografia e che, senza la conoscenza diretta dei luoghi, spesso la Storia è incompleta, incompiuta, priva della sua dimensione più tellurica.
Ho letto con grande partecipazione le splendide pagine che Marco dedica ai "soldati perduti", agli uomini che non vollero rassegnarsi alla perdita del loro onore e della loro missione di guerrieri (né militari né tanto meno soldati, ma molto di più di tutto questo), gente ben consapevole del fatto che il sacrificio della vita è poca cosa, rispetto al sacrificio dell'onore.
Ho studiato a lungo la "guerra rivoluzionaria" e ho a lungo accarezzato il progetto di scriverci un saggio organico, poi non portato a termine per altre esigenze esistenziali, ma essa resta per me uno dei momenti più alti della mia concezione del conflitto e Marco ha saputo renderla alla perfezione, sempre con grande solidità documentale ma anche con splendida ricchezza di scrittura, la scrittura di chi sa e ama ciò che scrive.
Consiglio la lettura di questo libro a tutti. E' fermo da mesi sulla mia scrivania e di continuo ne leggo qualche passo, perché dentro di me, nelle mille delusioni umane, personali e professionali subite, è rimasto vivo un antico amore, anzi quell'antico Amore e spero sempre di rivivere la scena conclusiva di un celebre film dei fratelli Taviani, quella in cui il vecchio rivoluzionario deluso sente l'addensarsi della tempesta e sbotta: "Ma allora è vero! Allonsanfan!". Un colpo di fucile ben assestato lo riporta alla realtà e a una fine anticipata, ma gioiosa.
Ecco, il libro di Marco mi ha riportato alla mente quell'invocazione quasi ludica, quel senso di una vita spesa in favore di un ideale. E, per di più, il colpo di fucile liberatorio ancora non è stato esploso... Non mi faccio certo illusioni, ma è comunque confortante sapere che certe strade non le ho percorse da solo, ma insieme ad altri cuori puri, che amavano un'idea più che una poltrona e che in fondo, anche nel loro ambiente di provenienza, si sono sempre riconosciuti a naso...
Piero Visani