Dietro le affermazioni ufficiali, dietro l'ottimismo di facciata, dietro le "ripresine" che non arrivano mai, la società italiana sperimenta alcuni elementi consustanziali sempre più diffusi: dolore, disperazione, impossibilità ad andare avanti, sfiducia, esilio, fuga, emigrazione, morte. Morte da suicidio, morte da omicidio. morte da violenza di coloro che, costretti ogni giorno a subire i peggiori soprusi e le peggiori repressioni, non attendono altro che dare sfogo alla carica di insoddisfazione e di violenza che sento lievitare dentro di sé. E' sufficiente guardare, anche dall'esterno, il livello di degenerazione che può raggiungere, con un'escalation rapidissima, anche la minima controversia o il più piccolo litigio: basta pochissimo e scatta la più clausewitziana delle "ascese agli estremi", e ci può pure scappare il morto.
Il giornalismo e la sociologia di regime - attenti ovviamente a non perdere incarichi e prebende - si rifugiano nel ricorso alle motivazioni più assurde, dimenticando che le nostre vite sono da tempo date in pasto a un Moloch economico di cui nulla sappiamo, di cui non vediamo benefici, al quale prestiamo solo corvées e - sempre più spesso - anche sacrifici umani, oltre che totali spoliazioni professionali e patrimoniali.
Il livello di repressione umana, sociale, economica e psicologica, oltre che ovviamente politica, è altissimo, del tutto estraneo a quella che si potrebbe comunemente ritenere la tradizione di una democrazia, per quanto altamente illiberale. Qui stiamo ripiombando nei "secoli bui" e c'è qualcuno che pensa pure che presto ci sarà un'inversione di tendenza. Possibile, ma sarà in una direzione non certo più rassicurante dell'attuale...
I fattori che si stanno accumulando nelle nostre vite sono tutti palesemente polemogeni e occorre realmente chiedersi se si stanno accumulando a caso o se - dietro a tutto questo - non ci sia il deliberato intento di scatenare un hobbesiana "guerra di tutti contro tutti", un bellum omnium contra omnes di cui - alquanto scioccamente - taluni di noi potrebbero credere di profittare, mentre quasi subito diventerebbero gli inconsapevoli protagonisti di una "guerra per interposta persona", di una classica war by proxies per conto di potentati che non vogliono sporcarsi le mani, ma solo approfittare di un disordine cosmico per renderci strumenti di una gigantesca "guerra per bande" di cui essi muovono fila, capitali e pedine.
Il futuro, come sempre, è un'ipotesi, ma rischia davvero, una volta di più, di diventare un ultimo alibi utilizzato strumentalmente da chi voglia dominare totalmente le nostre vite.
Già gli strateghi e i futurologi disegnano un futuro assai simile a qualche allucinata graphic novel, piuttosto che alle realtà che conosciamo: una serie di aree urbane sempre più enormi, in preda a bande politico-criminali (assolutamente non distinguibili le une dalle altre, e a questo già siamo, se non siamo ciechi...), non legittimate da nulla, se non dal denaro e/o dalla forza.
Quanto a noi, ci resta la scelta tra il suicidio, un "pazzo morire" individuale o uno che non direi collettivo, ma tipico di una "banda" che ritrovi il coraggio di delinearsi come "comunità di destino" e riprenda, faticosamente, l'unica strada che ci è rimasta: non seguire sogni impossibili, ma creare "spazi di libertà" comunitari e identitari da difendere con le unghie e con i denti, anche a livelli minimali, dovunque si possano creare "zone franche", aree "de-statalizzate", microcomunità di uomini liberi, mossi da visioni condivise. In caso contrario, "verrà la morte e avrà i loro occhi". Li ha già: paiono rassicuranti, ma sono solo gli occhi interessati delle iene.
Piero Visani