Non vi capita mai, di averlo? A me capita tutti i giorni, con assoluta regolarità, e talvolta mi chiedo pure perché mi capiti con tanta frequenza.
Non ho risposte: forse ho un'insoddisfazione interiore, o forse una soverchia propensione all'autoanalisi o forse - più semplicemente - dell'inquietudine, delle ferite, delle vulnerabilità.
Per mia fortuna, queste derive speculative si accompagnano in me a una spiccata propensione all'attivismo, però la mia componente intimista si manifesta anche nei - rari - momenti di gioia e di ogni vicenda, di ogni scena, di ogni esperienza personale tendo a scomporre i singoli momenti, per gustarli (od odiarli) ad uno ad uno, come se li rivivessi "alla moviola".
Sono stranezze? A me non sembrano tali. Mi pare piuttosto un rimedio per sottrarmi alla tragica superficialità dell'epoca che mi è toccato di vivere. Io analizzo segni e simboli, singole parole, gesti, abbozzi di sorriso, alterazioni di sopracciglia. Talvolta scopro - con un certo rincrescimento - di avere fatto una fatica assolutamente inutile e che le particelle che io cercavo nel tutto erano piuttosto - ahimè - "particelle di niente". La scoperta mi dà dolore, ma poi riprendo il mio cammino, anche perché non tutte le esperienze dialettiche della mia vita si sono risolte nel mutismo. Spesso è successo - lo ammetto - ma non credo proprio per colpa mia. Capisco però di aver potuto dare fastidio a chi non aveva alcuna intenzione di parlare oppure si limitava ad emettere cortine di fumo.
Mi sono scoperto, forse tardivamente, una vocazione all'analisi approfondita e oggi le dedico molto tempo, disilluso come sono da tutto e da tutti. Indago la natura umana e temo che aumentino sia la mia misantropia sia la mia misoginia. Tuttavia, qualche bella smentita c'è sempre e posso riscoprire la gioia di vivere, senza perdere quella di analizzare.
Piero Visani
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