lunedì 21 novembre 2016

"Abbiamo ucciso il porco sbagliato!"

       Pare che Winston Churchill, poco tempo dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale, finalmente reso edotto da cosa la politica anglo-americana avesse evocato in Europa (vale a dire una formidabile superpotenza totalitaria come l'Unione Sovietica staliniana), in un accesso d'ira abbia esclamato: "Abbiamo ucciso il porco sbagliato!" (riferendosi ovviamente al fatto che l'eliminazione di Hitler non aveva salvato il cosiddetto "mondo libero" da Stalin).
       Nulla di tutto ciò potrebbe mai accadere in Italia, dove gli schieramenti, nemmeno nelle competizioni elettorali più accese, sono davvero realmente frontali e comunque guardano sempre al "dopo", a quello che avverrà concluse le medesime. Ai possibili "inciuci" (o dovrei scrivere "imporchi..."?) successivi.
        Nel caso della imminente competizione referendaria del 4 dicembre, direi che la soluzione è ancora più semplice, dal momento che - sia che Renzi la vinca o la perda - i "porci giusti" da uccidere sarebbero innegabilmente due: da un lato, una Costituzione che è "la più brutta del mondo" e la sua "accozzaglia" di finti apologeti; dall'altra, una pseudo-riforma costituzionale che ha il pregio - invero difficile da conseguire - di riabilitare la Carta costituzionale esistente e di farla sembrare quasi migliore.
       In ogni caso, nessun timore: quale che sia l'esito del voto, i "little piggies crawling in the dirt" di cui il sistema politico italiano abbonda da sempre saranno tutti ben vivi e per nulla decisi a scomparire, e nessuno potrà affermare - in preda a crisi da pentimento - "abbiamo ucciso il porco sbagliato!". Semmai, ci si chiederà, se proprio intellettualmente raffinati: "ma perché, ce n'era uno giusto?"
       In questa scelta tra porci, al massimo scandibile in sequenza logica (prima uno, poi l'altro...) c'è tutto il dilemma della politica italiana di questo dopoguerra. Assolutamente irriformabile, per intrinseco orrore, o per soverchia "porcheria"...

                                    Piero Visani