La centralità della Guerra dei Sette Anni
(1756-1763) nella storia del conflitto è dovuta al fatto che fu la prima guerra
moderna su scala intercontinentale. Il primo colpo, in effetti, venne sparato
in Nordamerica, il 28 maggio 1754, quando – in una località chiamata Jumonville
Glen, circa 45 miglia
ad est di Pittsburgh (Pennsylvania) - un tenente colonnello della milizia della
Virginia, l’allora sconosciuto George Washington, attaccò di sorpresa un gruppo
di soldati francesi. Fu un atto – come ebbe a scrivere Horace Walpole - «che
mise il mondo a fuoco», scatenando quella che gli storici anglosassoni chiamano
“The French and Indian War”, vale a dire la guerra anglo-francese per il
controllo del Nordamerica, che si accese successivamente anche in India e che
in Europa venne combattuta anche da altri protagonisti e assunse il nome di
Guerra dei Sette Anni.
Il mondo stava cambiando, gli
spazi geografici si stavano dilatando, i commerci stavano determinando un
gigantesco trasferimento di ricchezze dall’America e dall’Asia verso l’Europa,
ed è comprensibile che le grandi potenze europee, con in testa Gran Bretagna e
Francia, mirassero ad acquisire una posizione di predominio che, a quel punto,
non sarebbe più stata limitata alla semplice dimensione continentale, ma
avrebbe assunto i caratteri di un impero globale.
Nel Vecchio Continente, la
rivoluzione diplomatica che nel 1756 vide la formazione di un’alleanza fra
l’impero austriaco e la
Francia , i cui rapporti fino a quella data erano stati
alquanto difficili, venne considerata da Federico II di Prussia come una
minaccia di guerra. Come sempre attento agli aspetti strategici e per nulla
incline ad attendere passivamente che gli eserciti austriaci attaccassero il
suo Paese, il monarca prussiano optò in favore di una guerra preventiva e
invase la Sassonia ,
stato tedesco di fatto cliente dell’impero austriaco e ottimo punto di partenza
per un’invasione della Prussia. La magnifica macchina militare prussiana non
ebbe difficoltà a travolgere rapidamente la Sassonia , ma, in risposta all’aggressione,
Francia e Russia entrarono in guerra a fianco dell’Austria. Il rischio
calcolato che Federico II aveva deciso di assumersi con l’invasione della
Sassonia si trasformò così in un pericolosissimo azzardo, poiché il piccolo
Stato prussiano si trovò a quel punto circondato da una coalizione di
aggressori, presto rinforzati anche dalla Svezia. Gli venne in soccorso solo la Gran Bretagna , che da circa un
biennio – come abbiamo visto – era in guerra con la Francia e che, allora come
in seguito, era ostile all’instaurarsi in Europa di coalizioni che potessero
risultare a suo svantaggio. Londra trovò così un pretesto per intervenire in
misura limitata sul continente europeo, a difesa dello Stato tedesco
dell’Hannover, da cui proveniva la famiglia regnante inglese, minacciato dai
francesi.
A dimostrazione delle sue
eccezionali capacità militari, Federico II non si lasciò intimorire dalla
poderosa coalizione che circondava la Prussia e minacciava di annientarla, e incominciò
a manovrare il suo piccolo ma efficientissimo esercito per linee interne, in
modo da cercare di impedire ai suoi avversari di unire le forze e di
conseguire, per quanto possibile, una superiorità locale su ciascuno dei loro
eserciti. Grazie alle due brillanti vittorie ottenute, nel novembre-dicembre 1757, a Rossbach sui
francesi e a Leuthen sugli austriaci – due battaglie combattute dai prussiani
in un rapporto di grave inferiorità numerica rispetto ai loro avversari –
Federico II riuscì momentaneamente a sventare il rischio di una completa
invasione del suo Paese. Tuttavia, la superiorità austro-russa era troppo
grande, mentre la Prussia
non disponeva né di risorse materiali né umane sufficienti a sostenere a lungo
uno sforzo del genere. Già nell’agosto del 1758, quindi, un esercito russo si
spinse fino a soli 100 km
dalla capitale prussiana Berlino e venne fermato a Zorndorf, in un
sanguinosissimo scontro in cui entrambi i contendenti subirono perdite
superiori al 30% degli effettivi presenti.
Per quando concerne il conflitto
tra Francia e Gran Bretagna su scala globale, il punto critico venne raggiunto
nel 1759. Questo scontro era stato, fino a quel momento, combattuto
essenzialmente sul mare e nelle colonie del Nordamerica e dell’India. Dopo
alcune difficoltà iniziali, la Royal Navy
era riuscita a ribadire la sua superiorità mentre il governo inglese aveva
elaborato una nuova forma di guerra, basata su operazioni combinate mare-terra
e assalti anfibi. Grazie ad essa, la flotta di Sua Maestà utilizzava la propria
superiorità di trasporto e combattimento per inviare piccoli ma efficienti
corpi di spedizione in aree dove il loro intervento era maggiormente richiesto,
e per proteggere le loro linee di rifornimento. I successi in tal modo
ottenuti, come ad esempio quello del generale Wolfe a Québec (1759), erano
spesso di modesta rilevanza tattica, ma di enorme impatto strategico. La
vittoria di Québec, infatti, sottrasse ai francesi il controllo del Canada.
In Europa, tuttavia, l’esito del
conflitto era ben diverso che nelle colonie: l’esercito prussiano, per quanto
validissimo e ben comandato, non era infatti in grado di resistere, da solo,
alle forze congiunte di Austria e Russia. Nell’agosto del 1759, ad esempio, i
prussiani furono pesantemente sconfitti a Kunersdorf, dopo aver subito la
perdita di 19.000 uomini, tra morti e feriti, su un totale di 50.000 effettivi.
Federico II ne fu talmente sconvolto da pensare addirittura al suicidio. L’anno
successivo, sia pure per un breve periodo, gli austro-russi occuparono
addirittura Berlino. Il sovrano prussiano, tuttavia, recuperò in breve il suo
spirito combattivo e riuscì a sconfiggere gli austriaci a Liegnitz (agosto
1760) e Torgau (novembre dello stesso anno).
Nel 1760, la stanchezza per un
conflitto così lungo e impegnativo si stava ormai facendo sentire tra tutti i
contendenti. Quando il governo presieduto da William Pitt, autentico motore
dello sforzo bellico britannico, si dimise, il sostegno di Londra alla Prussia
cominciò a vacillare. Dopo aver subito pesanti perdite umane e gravi
devastazioni materiali sul loro territorio nazionale, i prussiani non erano più
in grado di continuare le operazioni, mentre la Gran Bretagna , privata della
lucida visione strategica di Pitt, l’unico in grado di comprendere che la
potenza marinara inglese doveva essere abbinata al mantenimento di una
situazione di equilibrio in Europa, pareva seriamente intenzionata a lesinare
il proprio sostegno alla Prussia.
Un cambiamento radicale, del
tutto inatteso, si ebbe a seguito dell’improvvisa morte dell’imperatrice
Elisabetta di Russia. A lei successe infatti Pietro III, apertamente
filoprussiano, il quale si preoccupò subito di firmare un trattato di pace con
Federico II. Questo atteggiamento di Pietro III, per nulla condiviso a corte,
lo rese vittima di una congiura di palazzo solo sei mesi dopo l’ascesa al
trono, ma ormai la strada che portava alla pace era spianata, a causa innanzi
tutto del completo esaurimento dei contendenti. Nel febbraio 1763, il trattato
di Parigi pose termine alle ostilità.
Sul momento, la pace parve
riconfermare una situazione di equilibrio a livello europeo, e per certi versi
era indubbiamente così. Tuttavia, il conflitto aveva un unico grande vincitore
e questo era la Gran Bretagna.
Allo scoppio della guerra, infatti, la potenza britannica aveva un temibile
concorrente nella Francia, che ne insidiava le posizioni in America
settentrionale, India ed Europa. Dopo sette anni, per contro, Parigi era
definitivamente scalzata dal Nordamerica e si limitava a conservare una
presenza simbolica in India. Per di più, il controllo delle principali rotte
commerciali dell’epoca passava sotto il pieno e diretto controllo della flotta
inglese, mentre la Francia
si vedeva relegare al ruolo, importante ma tutt’altro che decisivo, di
principale potenza terrestre del Vecchio Continente.
Sul piano strettamente militare,
la Guerra dei
Sette Anni era stata prodiga di insegnamenti di tutti i tipi, dalla possibilità
di innovazioni nella manovra tattica (si pensi all’”ordine obliquo”
dell’esercito prussiano, alla moltiplicazione dei ruoli di impiego della
cavalleria, alla flessibilità di azione dell’artiglieria), alla crescente
importanza della manovra strategica (di cui Federico II si era rivelato uno
degli imperituri maestri), dalla nascita delle operazioni congiunte mare-terra
alla riconfermata e sempre più marcata funzione della potenza marittima quale
indispensabile supporto per chi volesse esercitare un predominio su scala
globale. Era ancora un conflitto combattuto con regole fisse e senso della
cavalleria (anche se il tanto celebrato invito che sarebbe stato formulato dai
francesi agli inglesi nella battaglia di Fontenoy, di circa un ventennio prima:
“Messieurs les Anglais, tirez les premiers!”, è stato successivamente riletto
con una più prosaica e cinica invocazione del comandante francese ai propri
subalterni: “Messieurs, les Anglais: tirez les premiers!”, che ne stravolge
completamente il significato), ma il mondo stava rapidamente cambiando, e la guerra
con lui.