venerdì 18 ottobre 2013

Teatranza

       Circa tre anni fa, ottenni una scrittura in un importante teatro con sedi in due città del Nord-Ovest. Ne fui molto contento, poiché era palesemente un ruolo da protagonista.
       Grande fu perciò il mio rammarico quando, dopo un periodo di tempo non breve ma neppure lunghissimo, mi accorsi che il mio ruolo stava cambiando e che da protagonista stavo scivolando dapprima a comprimario, poi a figurante e infine addirittura a guitto.
       Uscii con sdegno da quella compagnia di giro, sbattendo anche piuttosto violentemente la porta, e ci rimasi talmente male che, per parecchio tempo, continuai a recriminare sul modo con cui ero stato fatto fuori.
       Il bello del teatro, tuttavia, è che è come un Grand Hotel: gente che va, gente che viene. Stavo appena placandomi dalle mie rabbie pregresse, che ho trovato una nuova scrittura, grande, bella, promettente, in una prestigiosa compagnia stanziale di un'altra importante città del Nord. Scrittura inattesa, giunta all'improvviso e in forma imprevista e imprevedibile, dunque ancora più piacevole e stimolante di quelle che pervengono in forma tradizionale.
       Il mio processo di fuoriuscita dalle rabbie per come si era conclusa la scrittura precedente si era già quasi concluso in forma autonoma, ma non c'è dubbio che la nuova scrittura, così prestigiosa, ne abbia accelerato il completamento.
       Ed eccomi qua, con in mano la mia "valigia dell'attore", pronto a una nuova e difficile esperienza di teatranza. Difficile ma estremamente stimolante, da svolgersi per di più in una compagnia e in un teatro dove mi apprezzano, dove non correrò il rischio di vedermi trasformato in pallida comparsa, preludio alla mia scomparsa...
       La cosa più bella è che non nutro più ostilità o rancore per il trattamento che ho subito dai vecchi colleghi e che non ricordo con rabbia le loro scelte. Anzi mi fa pure sorridere il fatto che, forse per vergogna per i loro comportamenti, essi abbiano deciso di sparire. Ma è giusto cosi: degli uomini piccoli non resta, non deve restare coscienza.
 
                           Piero Visani

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