Lampi in un pomeriggio di ottobre. Ma non è un temporale. Sono bagliori di luce che scaturiscono da dentro noi. Una forza terribile ci spinge, ci dirige, ci conduce irresistibilmente all'incontro.
Inutile resisterle, né ci proviamo.
Milioni di cose da dirci, che emergono tutte, tutte in una volta.
Non siamo forse nemmeno più noi, siamo terminali di una forza profonda, di cui siamo interpreti.
Che cosa ci ha portati qui? E' l'interrogativo cui è più difficile fornire una risposta. E tanto meno ci riusciamo ora, immersi in questo caos calmo.
Non ci sentiamo eterodiretti, per nulla. Piuttosto sentiamo che una forza strana, imperscrutabile ma amica, ci ha spinto qui, facendoci destinatari - noi inconsapevoli - di una enorme fortuna. E questa fortuna è talmente macroscopica che ci schiaccia, con il suo peso opprimente.
Smarrimento, straniamento, pulsioni emotive che corrono e si infrangono in tutte le direzioni, ma altresì una volontà precisa di cogliere l'attimo e non lasciarlo perdere, per nessun motivo.
Nessuno di noi due è forse mai stato così felice o, se lo è stato, ne aveva perso coscienza e memoria. Per questo motivo, forse ora persino si vergogna di ciò che sta provando o, meglio, ne ha paura: gli sembra troppo; gli pare impossibile; non crede ai propri occhi, al flusso delle sue emozioni.
Ogni tipo di riferimento, di parametro, di strumento di misurazione è andato perduto, nella nuvola in cui siamo immersi, che ci fa marciare a molti metri da terra, ma non ce ne curiamo più di tanto. Seguiamo gli stimoli che ci vengono da dentro e a quelli ci affidiamo, sicuri che sono veri, reali, attendibili.
Sono emozioni da stordimento e in effetti tali siamo: storditi, impreparati, sconvolti da questa tempesta nella quale siamo immersi. Tutto ciò che accade prima è preparatorio. Tutto quello che accade dopo è un "viaggio al termine della notte" sospesi entro una nuvola che ha un nome, un luogo e una destinazione, che sappiamo solo noi. Razionalizzazioni ancora non sono possibili, e neppure le vogliamo. Ci basta il pathos, che è tutto, per noi. E' presto, troppo presto per riuscire a cavalcare questi flutti procellosi. Per ora ci sentiamo e ci preferiamo naufraghi, ma insieme.
Piero Visani
Smarrimento, straniamento, pulsioni emotive che corrono e si infrangono in tutte le direzioni, ma altresì una volontà precisa di cogliere l'attimo e non lasciarlo perdere, per nessun motivo.
Nessuno di noi due è forse mai stato così felice o, se lo è stato, ne aveva perso coscienza e memoria. Per questo motivo, forse ora persino si vergogna di ciò che sta provando o, meglio, ne ha paura: gli sembra troppo; gli pare impossibile; non crede ai propri occhi, al flusso delle sue emozioni.
Ogni tipo di riferimento, di parametro, di strumento di misurazione è andato perduto, nella nuvola in cui siamo immersi, che ci fa marciare a molti metri da terra, ma non ce ne curiamo più di tanto. Seguiamo gli stimoli che ci vengono da dentro e a quelli ci affidiamo, sicuri che sono veri, reali, attendibili.
Sono emozioni da stordimento e in effetti tali siamo: storditi, impreparati, sconvolti da questa tempesta nella quale siamo immersi. Tutto ciò che accade prima è preparatorio. Tutto quello che accade dopo è un "viaggio al termine della notte" sospesi entro una nuvola che ha un nome, un luogo e una destinazione, che sappiamo solo noi. Razionalizzazioni ancora non sono possibili, e neppure le vogliamo. Ci basta il pathos, che è tutto, per noi. E' presto, troppo presto per riuscire a cavalcare questi flutti procellosi. Per ora ci sentiamo e ci preferiamo naufraghi, ma insieme.
Piero Visani
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