Cresciuto - da autodidatta - in un ideale ellenistico-paganeggiante, fin da bambino ho fatto mio uno dei fattori consustanziali della visione della vita della Grecia classica, vale a dire il principio del kalòs kaì agathòs, che ruota intorno all'importanza della coincidenza, nell'individuo, tra la bellezza estetica e il suo valore morale.
Ho creduto talmente tanto a questo principio da dedicarvi una parte non indifferente della mia esistenza, cercando di far coincidere in me questi due valori. E sono sempre stato portato ad accostarmi agli altri facendomi forte di tale visione. Per molto tempo ho pensato che un uomo e una donna belli (secondo i miei canoni estetici) dovessero necessariamente essere anche un concentrato di doti etiche e di virtù. Ho scoperto a mie spese che non è così, ma quell'impostazione giovanile non mi è mai andata via del tutto, anzi permea la mia essenza.
Personalmente, cerco davvero di essere kalòs kaì agathòs, con un'insistenza forse degna di miglior causa, e che si accentua man mano che l'età declina. E continuo a cercare queste due virtù nelle mie relazioni con l'altro sesso, al quale mi accosto ricercando più che mai la kalokagathìa. Ho imparato - sempre a mie spese - che la bellezza femminile può nascondere trappole mortali e delusioni enormi, ma un ideale estetico è un ideale estetico e io - da profondo idealista quale sono - continuo a corrergli dietro, nella folle speranza di potere fare un giorno come Marcello Mastroianni, nel finale di Allonsanfan, ed esclamare: "Ma allora è vero!!", senza che un attimo dopo risuoni la fucilata che mi colpirà a morte.
In verità, tale fucilata è sempre risuonata, un po' prima o un po' dopo, ma io sono un cavaliere dell'ideale e continuo a cercare, a soffrire, a morire, a risorgere dalle mie ceneri, come l'Araba Fenice, e a riprendere la mia ricerca.
Il concetto di kalokagathìa è fondamentale per capire me. E' un ideale di perfezione al quale mi sono sempre ispirato, certo con modesti risultati, ma che mi porta a rincorrere archetipi, a ricercare perfezioni, poiché la perfezione è quanto cerco e, siccome mi dicono che non è di questo mondo, la cercherò in altri mondi, tanto questo dove vivo mi fa naturalmente orrore e di fatto lo rifuggo, nascondendomi tra le pieghe di esso.
Non sono privo di sentimenti, emozioni, stimoli, percezioni. Sono intriso di passione, in tutto quello che faccio, ma la kalokagathìa è il mio ideale di vita, gli corro dietro da sempre, pur se mi ha inferto ferite orribili. Ma cosa c'è di meglio che correre dietro a un ideale, a rincorrere un "pazzo vivere" per ritrovarsi in un "pazzo morire"?
Piero Visani
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