giovedì 10 aprile 2014

Il valore di un'élite

       A tutti è noto che cosa accadde alla Grande Armée napoleonica nella campagna di Russia del 1812: la ritirata da Mosca, iniziata il 19 ottobre, si trasformò presto, a causa del precipitare delle condizioni del tempo, in una rotta condotta sotto il gelo, nel corso della quale l'esercito francese venne letteralmente distrutto. A partire dai primi di novembre, infatti, un inverno particolarmente rigido si abbatté sulle pianure russe, provocando la progressiva dissoluzione della Grande Armata.
       Nel mezzo di questo disastro, una delle poche unità che mantenne una salda organizzazione militare fu la Vecchia Guardia. Celebre è il resoconto dell'incontro con essa lasciato da un nemico, il colonnello dei cosacchi Davydov, che si imbatté in questo famoso reparto il 17 novembre, mentre usciva da Krasnoje:

"La Vecchia Guardia, con Napoleone tra le sue file, si avvicinò. Balzammo a cavallo e guadagnammo di nuovo la strada... Il nemico, avvistato il nostro chiassoso contingente,armò i fucili e continuò a marciare fieramente senza accelerare il passo. Per quanti sforzi facessimo per separare anche un solo soldato da quelle colonne serrate, esse rimanevano intatte, granitiche, incuranti dei nostri tentativi. Non dimenticherò mai l'andatura sicura e il portamento solenne di quei guerrieri abituati a tutti i generi di morte. Nei loro alti berretti, nelle uniformi blu con le bandoliere bianche, i pennacchi e le spalline rosse sembravano papaveri in quel campo di neve. Disponendo solo di cosacchi, ci demmo da fare intorno alle colonne nemiche catturando carri e cannoni che erano rimasti indietro, disperdendo talvolta qualche plotone isolato, ma le colonne vere e proprie rimasero illese. Colonnelli, ufficiali, sergenti e soldati semplici si lanciarono contro il nemico, ma tutto fu vano. Le colonne procedettero, una dopo l'altra, costringendoci a ritirarci col fuoco dei loro fucili e deridendo i nostri vani tentativi... La Guardia con Napoleone passò attraverso i nostri cosacchi come una nave da cento cannoni attraverso una flottiglia di battelli da pesca".

       Scritto da un nemico, si tratta di un imperituro omaggio reso a una delle più belle unità mai apparse nella storia militare, ma, al tempo stesso, esso ci illustra altresì quale e quanto fondamentale sia il valore svolto dalle élites, che devono sempre e comunque preoccuparsi di aprire una via e rimanere tetragone in mezzo alle tempeste. 
       Altri tempi, altri uomini, voi direte. E' vero, ma non è che di questi uomini non ne esistano più. Semplicemente oggi essi sono disprezzati e derisi. Con quali risultati, lascio a voi il giudizio.

                                  Piero Visani



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