Non passa più di una settimana senza che qualche "maestrina dalla penna rossa" (i maschi in genere non hanno tali propensioni, per fortuna) non mi attribuisca un'insufficienza grave, imputandone la causa al mio cattivo carattere.
Prendo e porto a casa, dove ho una collezione di pagelle talmente dense di insufficienze da poter essere annoverato tra i peggiori studenti della storia della Repubblica, essendo io nato nel 1950.
Non ho problemi di fronte a questo diluvio di insufficienze. Vorrei però fare sommessamente tre osservazioni: 1) a che titolo mi si fa costantemente oggetto di voti, poco importa se positivi o (soprattutto) negativi? Rompo le scatole a qualcuno? Sono aggressivo? Obbligo qualcun altro a fare qualcosa? Il massimo ardire cui mi spingo è scrivere qualche commento di carattere politico-culturale, oppure raccontare minute storie di vita. Nient'altro. 2) Per quale motivo proprio io, e non altri? Sono più antipatico della media? E' possibile, ma, in quel caso, esiste forse un obbligo di frequentarmi o di leggere i miei scritti? Risulta a qualcuna di queste brillanti menti che io dia loro voti, esplicitamente o implicitamente?
In questi ultimi 3-4 anni, sono stato oggetto di un profluvio di valutazioni negative che avrebbero steso chiunque e gli avrebbero radicalmente modificato la psicologia. Per contro, sono ancora qui e continuo a fare esattamente quello che ho sempre fatto.
Non mi è chiara la spiccata vocazione pedagogica nei miei confronti. Dato per scontato che alcune signore mi ritengono un "corrigendo", mi piacerebbe sapere perché proprio io e non altri, visto che non sono certo l'unico maschio al mondo. Quali le ragioni di questo autentico "accanimento terapeutico?"
Forse mi inguaia il fatto che non subisco ricatti; che, se mi dicono "fai così e cosà", io faccio sempre l'esatto contrario; che se mi vogliono imporre un "patto leonino", mi ci sottraggo immediatamente; che, se mi vogliono inserire in una categoria, in particolar modo quella - da me assai poco apprezzata - degli "amici eunuchi", giro i tacchi, saluto elegantemente e me ne vado; che, se subisco un'offesa o un sopruso, reagisco prontamente e con vigore almeno pari al torto subito; che, se si cerca di impormi una situazione che dovrei accettare obtorto collo, io il collo e la schiena li tengo rigorosamente dritti; che, infine, se si decide di mandarmi a quel Paese, io ci vado contento, se a inviarmici sono determinati soggetti...
Pare che tutto questo sia sufficiente a meritare l'accusa di avere un pessimo carattere. Eh, no, care signore, non è pessimo, è solo un carattere! Se alcune di voi sono solite rapportarsi con uomini sempre disposti a dire sì, a farsi incasellare dove volete voi e a essere usati quando vi fa comodo, io non ho obiezioni di sorta. Fate pure! Io non c'entro. Ma non è che ho un cattivo carattere, ho solo un carattere, il mio, e non è da servo...
Piero Visani
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