mercoledì 30 aprile 2014

La guerra delle banane

       La vicenda che ha avuto protagonisti i calciatori Dani Alves e Neymar, e la terribile canea che si è scatenata successivamente, è stata - ormai pare definitivamente acclarato - un perfetto esempio di "virtualità reale", una strategia mediatica molto più sofisticata e compiuta della realtà virtuale.
       Come tutte le forze storiche che combattono le guerre del passato, e non quelle del futuro, la Destra politica (definizione che aborro, ma che serve a intendersi) arriva sempre buon'ultima a comprendere che la "fattualità" e la realtà oggi contano pochissimo, in quanto l'immaginario collettivo è dominato dalla virtualità. Il che è normale, dato che oggi "tutto ciò che sembra vero E' vero".
       A parte la premessa - scontata - che chi tira le banane per manifestare il proprio disprezzo di tipo razzistico farebbe bene a chiedersi che cosa sta facendo, e perché, costui dovrebbe chiedersi altresì, nella propria debordante genialità, se, nel farlo, egli non stia regalando ai propri avversari una straordinaria occasione di speculare politicamente e culturalmente a suo carico.
       Così infatti è puntualmente avvenuto: poco importa se i tiratori di banane erano veri o falsi, la sceneggiata successiva era stata accuratamente preparata e si è rivelata un trappolone di portata galattica.
       Personalmente, ritengo che il razzismo biologico sia altamente detestabile, ma, nel caso ritenessi che no, la prima cosa di cui mi preoccuperei sarebbe quella di non diventare la vittima sacrificale (e lo zimbello...) dei miei nemici. Ma forse questo è pretendere troppo dalla Destra politica in generale, almeno per come l'ho conosciuta io...
       Detto questo, sarebbe opportuno anche riflettere sul fatto che la "guerra delle banane" apre autostrade a chi voglia combatterla con intelligenza e armi nuove, e non con i soliti gesti da "bingo bongo" (quelli così cari a certi geni ed esegeti della "white supremacy"...).
       La prima e più straordinaria di queste è che il "pensiero unico" che domina la cultura attuale è, oltre che assai totalitario, pure intrinsecamente razzista, in quanto ammette solo la genia dei "benpensanti" e a tutti gli altri nega il diritto di esistere. L'essenza teorica del pensiero democratico, vale a dire la frase di Voltaire per cui "non condivido le tue idee, ma sono disposto a morire per difendere il tuo diritto a professarle", è stata sostituita dal DOVERE (che non è un DIRITTO...) di avere un'unica idea, quella della cultura dominante, pena conseguenze quelle sì razzistiche, vale a dire di emarginazione (anche molto concreta) dal consesso "civile".
       Accostarsi a tutto questo tirando banane e cadendo come scemi nelle trappole preparate da chi studia le guerre del futuro e non combatte quelle presenti con le armi del passato è una riflessione che - chissà...! - un giorno anche in certi ambienti si comincerà a fare. Per essere realmente nocivi alla cultura del "pensiero unico" e non ridicolmente strumentali ad essa, come oggi.
       La guerra della "virtualità reale" si combatte con nuove armi e con nuovi strumenti interpretativi. Poi - ovviamente - nessuno vieta di lanciarsi a petto nudo contro un carro armato, ma - si spera - senza farsi troppe illusioni sull'esito del gesto, che non è nobile, ma solo stolto.

                                                               Piero Visani

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