Sono sempre più convinto che l'unica vera linea divisoria esistente in Europa sia quella tra produttori e percettori. Il peso vorace dei secondi, infatti, ha messo in fuga i primi, i quali cercano rifugio in quelle parti del mondo dove produrre non è ancora diventato un'offesa.
Nei "paradisi" della percezione fiscale, per contro, una schiera di "ottimati" autodesignatisi tali è impegnata in un gigantesco spostamento di ricchezze dai molti ai pochi, pochissimi, e questo mutamento ha luogo sotto la copertura di una politica collettivistica che in realtà altro non è che un gigantesco esproprio, il più grande storicamente mai realizzato. Si potrebbe definirlo "esproprio di Stato", ma lo Stato non esiste più da tempo, è solo il fragile velo dietro il quale si celano organizzazioni private e privatistiche con crescenti finalità di rapina.
Con queste premesse, anche la pressione fiscale altro non è che un tentativo di legittimazione (agli occhi dei più stolti, che non mancano mai...) di macroscopiche politiche di rapina, intese soltanto a trasferire ricchezze dalle tasche di molti a quelle di pochi.
Facciamo un esempio concreto, a cavallo tra realtà e dabbenaggine: chi in Italia avrebbe il coraggio di sostenere - senza essere preso a calci nel sedere - che la pressione fiscale serve a fornire servizi alla collettività e non a rimpinguare una casta, i suoi clienti e i "cani da guardia" di entrambe, i "volonterosi carnefici" che, per poco più di mille euro al mese, barattano la loro dignità in cambio di una microscopica fettina di torta del mostruoso Moloch statalista, avendo in cambio - come garanzia, che a loro non dispiace affatto... - che non saranno mai licenziati, sia che lavorino sia che no.
In realtà, da noi (e non solo da noi), la pressione fiscale serve a mantenere in piedi ancora per un po' un sistema che è morto, che ci ha precipitato nei bassifondi delle classifiche mondiali e che ci ha trasformati in un ospizio a cielo aperto, da cui ogni giorno partono funerali, di vite e ancor più di speranze.
Se qualcuna delle nostre classi dirigenti ci avesse mai vagamente amato, invece che disprezzato; se il "clero" culturale fosse stato composto da pensatori veri, e non da prezzolati corifei, qualcuno avrebbe avuto il coraggio di dire agli Europei che la vita è una selvaggia lotta, piena di crudeltà e di nefandezze, e che solo combattendola si può sperare di uscirne vivi. Così invece ne usciremo tranquilli ma MORTI, con una pensioncina che sarà sempre più insufficiente (non essendo la pensione di Amato o di soggetti analoghi...) a garantirci la sopravvivenza. Quanto alla vita, alla speranza e al futuro, quelli sono persi da tempo.
Che la morte sia con voi!
Piero Visani
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