Per quanto possa risultare sgradevole, mettersi a preparare, una volta ancora, la valigia dell'attore ha un suo innegabile fascino. Finisce una scrittura e, siccome si tratta di un mestiere assolutamente provvisorio e privo di garanzie, occorre cercarsene un'altra.
Mentre si mettono insieme i propri scarsi - ma eleganti - bagagli, il pensiero corre un po' all'indietro e un po' in avanti. Si è fatta la propria parte, in teatri assolutamente di buon livello, ma nessuna scrittura, ovviamente, è eterna, e molte altre durano davvero poco: lo spazio di una stagione, talvolta anche meno; dunque di che lamentarsi?
Il teatrante - sia esso guitto o mattatore - conosce questo senso di provvisorietà, che in fondo gli è consustanziale. Non si fa illusioni su niente, ma ama il mestiere, la recitazione, la possibilità di essere "uno, nessuno e centomila". Forse il mattatore ambirebbe ad essere uno, ma giustamente, quando gli viene ricordato che è nessuno, o comunque centomila, si sovviene che la variabilità del giudizio è tipica di tutti i capicomici e talvolta deriva da fattori che il mattatore non è proprio in grado di controllare, perché gli vengono attribuiti, ma non sono suoi propri., anche se può avere cercato - invano - di dimostrarlo.
E allora, a scrittura finita, dignità e orgoglio - che al mattatore non mancano - gli impongono di raccogliere le sue poche cose e mettersi alla ricerca di nuove scritture. Sa bene che non lascerà grande traccia di sé, ma è pure consapevole di averci provato e quella consapevolezza lo conforta, lo rende fiducioso, gli fa guardare con speranza al futuro.
Non è un grande attore, altrimenti i capocomici se lo contenderebbero. E' un modesto mestierante, ma ha la passione del teatro nel cuore e sa che spesso questa non è condivisa proprio da quei capocomici che pure dovrebbero farsene promotori. Ed è la passione per il teatro che l'ha tenuto su piazza per decenni, non certo i soldi (pochi) o le soddisfazioni (zero). Ma una passione è una passione: se non la si trova in un teatro, la si cercherà altrove, magari nella più fetida delle province, là dove lo squallore possa affrancare dai processi alle intenzioni e dai repentini cambiamenti di umore. La passione è una fede, è quello che la illumina.
Piero Visani
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