Le mura di Derry.
Un'estate che sembra tardo autunno.
La bomba di Omagh appena scoppiata, con il suo tragico carico di morti.
Mio figlio che cammina accanto a me, che forse percepisce ma ancora non capisce, perché si sta appena affacciando all'adolescenza.
Vie vuote, povere, persino nella parte centrale - e unionista - della città.
Atmosfera triste.
Autocarri dell'esercito britannico che passano e soldati che da bordo ci scrutano, con aria inquisitrice, poiché è palese che non siamo elementi locali.
Andiamo alle mura e da lì guardiamo il Bogside, Dapprima l'intero quartiere cattolico e poi il famoso murale che segna l'ingresso nella "Free Derry".
L'esplosione della bomba di Omagh ha complicato la nostra visita alla città. Ci sono molta agitazione, molta tensione, molti soldati, molti poliziotti. Non ho voglia di coinvolgere un ragazzino in queste cose. C'è sempre tempo per capirle, per conoscerle, e forse in cuor mio vorrei che non le conoscesse e le capisse mai.
Guardiamo, respiriamo un'aria carica di tensione, che ci ricorderemo a lungo, molto a lungo.
Una visita più ravvicinata la farò io, da solo, dopo aver lasciato moglie e figlio in albergo. Le sensazioni sono sempre le stesse. Le strade della guerra, delle violenze, dei massacri, si somigliano un po' tutte. Hanno su di sé e dentro di sé una connotazione di dolore. Hanno il senso del tragico, ma mi piacciono proprio per quello. Sento il palpitare della Storia ed è una delle rarissime occasioni in cui mi sento vivo. Non mi piacciono i villaggi vacanze. Quella è una forma di cretinismo ritenuta indolore. Qui si vede invece che cosa producono davvero, le assenze e le fughe, le omissioni da stordimento: ingiustizia, ingiustizia totale.
Grazie Derry, hai parlato al mio cuore. Non dimenticherò mai le sensazioni, le suggestioni e i turbamenti di quella camminata tra vite residuali e morti a credito. A volte, bastano pochissimi chilometri di strada a capire cose che la lettura di infiniti libri ti ha solo suggerito, ma non chiaramente spiegato.
Piero Visani
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