Anni fa (avevo circa 35 anni e Umberto ne avrà avuti 2), venni convocato dal presidente e proprietario di un noto club sportivo della collina torinese, di cui ero socio e piccolo azionista, per una comunicazione urgente.
Con aria neppure fintamente dispiaciuta, facendosi forte della notevole differenza di età con il sottoscritto, il presidente/proprietario mi comunicò che mi era stata comminata una sospensione di 30 giorni in quanto un noto avvocato del Foro di Torino (un penalista), che giocava a tennis nel pallone pressostatico esattamente nell'ora successiva alla mia, aveva lamentato che lasciavo il terreno (era la deplorevole e da me aborrita terra battuta) in condizioni pietose, rovinato da solchi profondi.
Mi difesi sostenendo che il campo era in terra rossa, dunque CONSUSTANZIALMENTE schifoso, adatto più che altro alla coltivazione - per affinità cromatica - di carote e/o barbabietole, e feci presente al presidente/proprietario che l'inconveniente lamentato dal noto penalista era dovuto:
1) alla qualità più che pessima della terra rossa stessa;
2) all'insoddisfacente livello di riscaldamento del pallone pressostatico.
Il presidente/proprietario mi ascoltò con quella bella aria di annoiata degnazione che certi anziani sanno riservare ai giovani, poi mi comunicò che mi era stata comminata una sanzione di 30 giorni di sospensione dall'accesso al pallone, senza diritto di recuperare le ore già prenotate e pagate, che quindi avrei perduto.
Non battei ciglio, limitandomi a prendere atto di quanto mi veniva comunicato.
Trenta giorni dopo, quando mi venne comunicato (telefonicamente...) che potevo essere riammesso al club, feci preparare una lettera da un amico legale in cui impugnavo il provvedimento sotto il profilo economico, mettevo immediatamente in vendita la mia piccola quota societaria e disdicevo la mia associazione al club, con effetto immediato. La modesta somma relativa alle 8 ore di tennis saltate a causa del provvedimento sanzionatorio a mio carico mi venne poi restituita senza dover adire le vie legali.
Ad atti di manifesta ostilità ho sempre risposto con atti analoghi, per ripianare eventuali situazioni gravide di asimmetria formale e sostanziale, e per andare a respirare aria più pura.
"Nemo me impune lacessit", è il mio motto, e devo dire che del medesimo ancora non mi sono pentito.
Piero Visani
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