Una delle sfide più cruciali degli anni che verranno non è di tipo politico e neppure economico, ma etico-antropologico.
E' abbastanza chiaro che, in campo politico, il capitalismo di rapina - quello dei salari da qualche centesimo di euro l'ora - potrà proseguire indisturbato la sua corsa, palesemente intesa a creare un esercito di miserabili tra i quali reclutare "ad libitum" i propri adepti. Non meno chiaro è che, in campo economico, le condizioni della maggior parte della gente saranno sempre più difficili, perché essa sarà chiamata a contribuire, più che mai, all' "accumulazione non più primitiva" della finanza e del capitale di rapina.
Nulla di buono si prefigura quindi sotto questi profili, così come nulla di buono può arrivare da un mondo politico che, nel peggiore dei casi, è totalmente infeudato a quel tipo di capitalismo e, nel migliore, non ne comprende minimamente modalità d'azione e stili di comportamento, per cui finisce spesso per assumere le caratteristiche dell'"utile idiota" da invitare dappertutto e al quale far fare la figura dell'"uomo nero" (e sempre più spesso anche rosso, visto che ora va molto di moda il "rosso relativo", quello che di rosso non ha più niente, a parte il nome...), il soggetto da evitare in quanto fa orrore.
E, in effetti, quella tipologia antropologica FA davvero orrore, nel senso che è assolutamente strumentale alle esigenze del potere, è quella che lo legittima, quella che induce il cittadino medio (un po' moderato, tantissimo insipiente) a dare il proprio voto ai ladri per paura (una paura ovviamente indotta) di finire per darlo a quelli che gli vengono indicati come potenziali assassini, e che tali naturalmente non sono, ma nulla fanno per "ripulire" la loro immagine o per dargli un senso che non sia quello di una comparsata (ai limiti dell'intrusione) in un teatro allestito e gestito da altri, dove sfugge loro persino il fatto di essere semplici "maschere di una pessima commedia dell'arte".
Non ho certo soluzioni generali da proporre. Quello che faccio, nel mio piccolo, è cercare di lavorare e collaborare con chi la pensa come me. Lo faccio da qualche anno a questa parte e, se non ho certo cambiato la vita di alcuno e tanto meno la mia, ho conosciuto persone con cui nutro bei legami di amicizia, molto superiori alle stracche solidarietà familiari, parentali, professionali.
Non è certamente una solidarietà assoluta, tanto meno è un modo per cambiare il mondo. E' semplicemente una soluzione per lenire i dolori, le solitudini, le sofferenze comuni. Nel tramonto delle bandiere nazionali e nell'avvio di una planetaria "guerra per bande", anche questa è la piccola creazione di una banda, una "band of brothers" alla Enrico V. Io la pratico nel mio piccolo ambito di lavoro e devo dire che funziona. Non ha regole particolari, nasce da pulsioni interiori e da una naturale convergenza, e aiuta spesso a lenire le difficoltà di una vita tutta impegnata a evitare di essere strangolati dal fiscalcapitalismo di rapina. E' il massimo dell'ingenuità, ma non privo di un tocco di saggezza e di perdurante volontà di resistenza, anche perché non è per nulla tenero con chi afferma di avere in teoria una determinata etica e poi la smentisce quotidianamente nei fatti...
Piero Visani