sabato 12 settembre 2015

Politiche e metapolitiche calcistiche

       Avere un allenatore come Massimiliano Allegri, uno che sostiene - nel 2015...! - che "il calcio è un gioco, dove contano estro e talento", senza citare minimamente organizzazione, intensità, velocità, precisione nei passaggi e nella circolazione della palla, è come avere una buona auto e affidarla a un non-patentato (non ho scritto neopatentato...).
       Un gioco totalmente privo di idee, intensità zero, tattica zero, velocità meno di zero.  Se uno avesse qualcosa, in testa, forse si chiederebbe perché il Chievo pare una squadra, molto ben organizzata, e la Juve no, nonostante i 134 milioni di euro investiti per la campagna acquisti.
       Sono un grande ammiratore di Antonio Conte e dei suoi "stati di allucinazione", che oggi sono indispensabili per fare cose serie, in qualsiasi campo. Non è che la sua prima Juve fosse satura di campioni, ma il progetto di gioco, quello c'era, innegabilmente, e l'intensità e la corsa erano ai limiti del parossismo. Quello serve oggi in ogni attività che intenda essere moderna.
      Concediamo pure ad Allegri tutte le attenuanti del caso, ma la squadra non esiste, il progetto di gioco neppure e della tenuta fisica non parlo, perché è inesistente.
      Ai tifosi viene chiesta pazienza, ed è giusto: con un allenatore così, di pazienza ce ne vorrà infinita... Per fortuna, i risultati negativi segnano spesso il destino degli allenatori, ergo non c'è che sa sperare che si accumulino...

                   Piero Visani