Mi permetto di consigliare tre libri che sono a mio avviso di grande interesse per chi voglia approfondire la questione dei rapporti tra i Celti, l'anima celtica e la guerra.
Il primo è JAMES MICHAEL HILL, Celtic Warfare 1595-1763, John Donald Publishers Ltd., Edinburgh 1986, che si preoccupa di tracciare le linee di fondo del "modo celtico di fare la guerra" e di seguirne l'evoluzione tra il 1595, la rivolta giacobita (1745) e la French and Indian War (1755-1763).
Il secondo è GRADY McWHINEY - PERRY D. JAMIESON, Attack and Die. Civil War Military Tactics and the Southern Heritage, The University of Alabama Press, Tuscaloosa and London 1982. Si tratta di un'opera molto celebre e al tempo stesso alquanto controversa, dove - con franchezza e spregiudicatezza assolutamente superiori alla media della produzione storiografica - si discute sull'influsso esercitato in positivo e negativo dalla cultura celtica sul modo di fare la guerra della Confederazione sudista durante la Guerra Civile Americana (1861-1865). Libro davvero da non perdere per tutti gli appassionati di American Civil War.
Il terzo è ROBERT CLYDE, From Rebel to Hero. The Image of the Highlander 1745-1830, Tuckwell Press, Edinburgh 1995, che illustra l'evoluzione dell'immagine dell'Highlander da ribelle giacobita a combattente di valore dell'esercito di Sua Maestà britannica, quel combattente che indusse il generale inglese James Wolfe, il vincitore della guerra contro i francesi in Nordamerica, a pronunciare il seguente giudizio, un autentico capolavoro di cinismo: "The Highlanders are very useful, serviceable soldiers... They are hardy, intrepid, accustomed to a rough country, and no great mischief if they fall. How can you better employ a secret enemy than by making his end conducive to a common good?".
Come sono sempre buoni, i "buoni"...
Piero Visani