Leggo - sul quotidiano torinese "La Stampa" di oggi - che negli USA dilaga la moda dei "self-written obituaries", vale a dire dei necrologi scritti dal "caro estinto" (lapalissianamente, "quando era ancora in vita"...).
La notizia ha acceso in me il desiderio di esercitarmi a scriverne uno, che è il seguente:
"Ho trascorso buona parte della mia vita in un Paese di purissimo guano, da cui - come vedete - sono almeno riuscito a portare via le mie ceneri, così non dovrò patire da morto quello che ho subito da vivo.
In quella cloaca a cielo aperto si è consumata la 'tragedia di un uomo ridicolo', io, e tuttavia non mi pento di nulla di quel che ho fatto, perché sono sempre riuscito a seguire il mio personalissimo codice etico.
Dopo tutto, da bambino volevo essere solo un guerriero e credo di esservi riuscito. Non ho conseguito molte vittorie, ma ho combattuto sempre e comunque, perché volevo, sopra ogni cosa, "salvaguardare l'onore". Anche ora, sono decisamente più vivo - ne sono certo - di molti che si pretendono tali".
Un po' lungo, ma chiaro. E, in ogni caso, soggetto a nuove versioni...
Piero Visani
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