Non mi unirò al coro degli entusiasmi filolepenisti, non mi pare il caso. Partirei invece dalle ultime righe dell'editoriale di Massimo Nava sul "Corriere della Sera" di oggi: "Marine è riuscita, come altri capipopolo europei, a sfuggire all'esorcismo inutile di quanti si ostinano a definire populismo ed 'eurofobia' le domande di sicurezza, di giustizia fiscale, di difesa delle identità nazionali, di sviluppo e lavoro. E a predicare nel deserto sociale il verbo dell'austerità e dello spread".
Poche righe, ma un'analisi eccellente: oggi l'Unione Europea vive un momento di gravissima crisi, in cui le "nuove aristocrazie" dell'economia, delle burocrazie e della politica, conducono un'esistenza che è RADICALMENTE DIVERSA da quella della gente comune. Non ne condividono UN SOLO PROBLEMA E SPESSO NEPPURE NE SANNO NIENTE. Hanno ottimi stipendi, prebende, relazioni privilegiate e preferenziali; non hanno problemi con il fisco, in quanto palesemente intoccabili; non hanno necessità di crearsi un mercato, in quanto vivono da "percettori", non da "produttori". E, nel caso si accorgessero che tutto questo non basta a garantire il proprio benessere, possono sempre rubare, molto spesso impunemente grazie alla complicità della magistratura.
Il popolo - definizione che oggi comprende di tutto, dal Lumpenproletariato alla media borghesia ormai seriamente impoverita - vive un'esistenza radicalmente diversa, cerca di lavorare e di produrre, ma si accorge quotidianamente a proprie spese che è destinato a un unico ruolo, quello del pollo da spennare: i "percettori" hanno continuo bisogno di denaro e, anche se ci dicono che viviamo nel migliore dei mondi possibili, ogni giorno ci stringono un po' di più il cappio al collo.
Questa contrapposizione frontale tra chi è ricco e privilegiato, e chi è povero e "figlio di un dio minore", in Italia non ha ancora trovato adeguati interpreti, in quanto la profonda immoralità che permea la società italiana fa sì che molti elettori abbiano paura a distruggere un sistema che in realtà è essenzialmente una "partita di giro", dove il lavoro è figlio è spesso frutto di una concessione (un vero e proprio "octroi"...) dei "percettori", non di un diritto riconosciuto ai "produttori".
Le condizioni per un mutamento profondo ci sono tutte, ma occorrerebbe che si cominciasse a INDIVIDUARE E DESIGNARE IL NEMICO, ed a presentarlo per quello che è: non un AVVERSARIO POLITICO, ma un NEMICO che ci vuole morti, e che sta facendo di tutto per ucciderci (qualcuno lo vede, tra i nostri politici, il tremendo deserto sociale che si è creato in questo Paese?).
E' una questione di vita o di morte, dove, per sopperire ai nostri problemi di sopravvivenza, ci somministrano ogni giorno restrizioni sempre più gravi e veleno, sapendo che a piccole dosi non è meno mortifero, ma consente di salvare la faccia...
Abbiamo di fronte un regime, uno dei peggiori, perché è totalitario ma ovviamente - e furbescamente - cerca in tutti i modi di occultarlo, nei riguardi del quale non è più - come opportunisticamente si tenta di far credere - una questione politica o di qualità della vita, bensì una questione di vita e di morte, dove di mezzo non ci sono soltanto i nostri diritti politici o le nostre ormai scarsissime risorse economiche, ma il nostro diritto a un futuro.
Non abbiamo più pane e sappiamo che certo non ci inviteranno a mangiare brioches, quelle di cui si nutrono quotidianamente. C'è un Ancien Régime, signori miei! Posso permettermi di suggerire un ripasso di qualche libro di storia...?
Piero Visani
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