Stanotte ho fatto un sogno. Non un incubo, perché quelli, quando ti svegli, cessano. No, no, proprio un sogno, di quelli che, quando ti svegli, sono ancora più reali del reale.
Ho sognato l'Italia dei moderati. Quelli che:
- Bisogna cambiare per gradi.
- Ci vuole moderazione in tutte le cose.
- Renzi è animato da buone intenzioni.
- I suicidi sono un fenomeno sociologico, mica la conseguenza della crisi.
- Occorre essere pazienti, per gradi va tutto meglio (peccato che, quando uno cade, precipita e basta...).
- Il sistema, a parte alcuni fenomeni degenerativi, è sano (cavolo, chissà se fosse malato, cosa succederebbe...).
Potrei continuare, ma non è il caso.
La nostalgia più forte dei moderati - che sono i veri nostalgici di questi anni - è che "non esistono più le mezze stagioni". E' vero, è verissimo, hanno assolutamente ragione: non esistono più!
Ci sono dei momenti, nella storia di un popolo e di un continente, in cui la ragionevolezza, la moderazione e tutte queste belle parole (e pessimi concetti) non servono assolutamente a niente, perché il sistema politico e sociale è malato, un malato pressoché terminale, e alla sua patologia le aspirine e i placebo fanno l'effetto dei pannicelli caldi: non servono assolutamente a nulla. C'è bisogno di cambiamenti profondi, radicali, epocali.
Guardiamo l'esempio italico: il leader dei moderati - da sempre -, il mitico Silvio B., dopo aver conquistato la maggioranza parlamentare nel 1994, si è fatto convincere dai suoi consiglieri moderati che la "grande rivoluzione liberale" che aveva promesso all'elettorato, e per la quale era stato largamente premiato, era troppo "immoderata" per poter essere realizzata in fretta e bene. E ha continuato nell'esatto tran tran di sempre, quello dell'orribile Italia democristiana. Che è quanto i moderati vogliono. I moderati NON vogliono cambiare, non gliene può importare di meno. I moderati vogliono che tutto rimanga come prima, perché è quello cui tengono di più: la seconda casa, la terza auto, la pensioncina (spesso non proprio tanto piccolina...) e via scendendo verso la kleine Politik, quella che loro adorano, da sempre. La politica della ragionevolezza, del buon governo (il senso delle humour non vi manca, eh, cari moderati...) e - soprattutto e più che tutto - dei buoni affari. La classica "gravitazione al centro medico" che è medico soprattutto delle loro tasche (o di quelle di alcuni di loro, i più furbi).
Adorano questi scenari e - quando vedono che a te non soddisfano in alcun modo - allora emerge la loro vera natura: "ma chi te lo fa fare? Dopo tutto vivi bene, vieni da una famiglia decente, di che ti preoccupi? Hai un lavoro, una casa, una famiglia: non sei felice? Nutri per caso altre passioni? Pensi che possano esserci esistenze diverse da quelle sordidamente borghesi?".
No, non sono per nulla felice, da quando avevo 14 anni e frequentavo il più antifascista dei licei torinesi, il "Massimo d'Azeglio", che qualcuno si arrogasse il diritto di dirmi come dovevo vivere e spesso e volentieri anche il perché dovevo vivere così.
Per un fatto caratteriale, ho sempre odiato il moderatismo, la teoria per cui "alla fine tutto si aggiusta". Eh no, signori miei, alla fine si aggiusta proprio nulla e i livelli di guano che ci coprono (e che coprono anche voi, solo che voi con quella materia avete più dimestichezza...) continuano irresistibilmente a salire.
Per ragioni caratteriali ed anagrafiche, io sono incline al più assoluto isolamento, però, quanto sento le ragioni dei moderati, mi viene quasi voglia di fare qualsiasi cosa per contrastarli, frenato solo dalla mia acuta misantropia.
Io leggo ogni giorno, anche più volte al giorno, di gente che si suicida; vedo continuamente aziende che chiudono; vedo migliaia di ragazzi che vanno a lavorare all'estero ed esprimono nei fatti la loro valutazione di un sistema che è "moderato" con tutti coloro che servono ad alimentarne il finanziamento (immigrati, rom, etc.) ed è dannatamente immoderato con tutti coloro che lo disturbano, con i nuovi underdog frutto della schiavitù, dello sfruttamento, della disperazione, dell'obbligo di finanziare il folle sistema pubblico che ci opprime.
Per quel pochissimo che posso con la mia penna, mi darò da fare per coltivare l'immoderazione. In questa Italia verminosa, molto meglio morto che moderato: le due facce del medesimo schifo si somigliano sempre e hanno un tratto che le accomuna: lo schifo, per l'appunto.