Giorno dopo giorno, a volte più in fretta a volte lentamente, ci avviciniamo verso quella situazione fondamentale, verso quella bella resa dei conti che non dovrebbe piacere ad alcuno, perché gronda di lacrime e sangue, ma che talvolta arriva proprio perché alcuni - delle lacrime e del sangue degli altri - se ne sono fregati e se ne fregano bellamente.
Si possono costruire cattedrali - sulle iniquità, le ingiustizie, le disuguaglianze, le ruberie - ma poi, a un certo punto, la resa dei conti arriva.
Nessuno la attende con piacere, perché è tragica, però uno pensa: "ho ingollato tonnellate di guano, di ingiustizia e di iniquità, fino ad oggi, vuoi vedere che magari riuscirò a restituirne una minima parte. Mi costerà la vita? Può darsi. Ma quella che facevo prima era definibile come una vita? Era umano il mio ruolo di terminale silente di tutte le porcate a carico mio e di altri?".
E ci si comincia a chiedere: "ma io ho qualcosa da perdere?" E quando la risposta diventa un convinto "no", allora ha inizio il divertimento. Perché le rese dei conti, le vendette, le "collere dei buoni" sono puro divertimento, sono quello che serve a dare sfogo a tutte le sofferenze che si sono provate.
Cambierà il mondo? Assolutamente no. Si cercherà solo di dilatare "verso l'alto" il circuito della sofferenza. Obiettivo modestissimo, ma chiaro.
Piero Visani