venerdì 19 giugno 2015

Richard: sensi, desiderio e piacere.


Premessa:


Nel febbraio scorso, l’amico S.V. – commentando molto negativamente il bestseller pseudo-erotico "Cinquanta sfumature di grigio" - sfidò l’amica A.C. e me alla stesura di un racconto erotico, sostenendo che fare qualcosa di meglio dell'originale non era poi così difficile. Il guanto di sfida venne raccolto da entrambi - anche se a me cadde di mano, e ci ho messo circa quattro mesi a ritrovarlo… - ed ora eccoci qui. Oggi viene pubblicato il primo di questi nostri racconti, nei giorni successivi il secondo e a seguire il terzo.

Ipotizzo la possibilità di commenti goliardici. Personalmente me ne dolgo, perché ritengo l'erotismo una delle pochissime cose serie e al tempo stesso piacevoli esistenti al mondo.
Ringrazio gli amici di essersi cortesemente fatti ospitare sul mio blog.

                                        Piero Visani





Richard: sensi, desiderio e piacere, di A. C.

Sin dall’adolescenza, ci sono state alcune cose che mi hanno sempre eccitato negli uomini: l’intelligenza, l’eleganza, le belle mani, lo sguardo magnetico, il profumo, l’audacia, il potere… senza escludere, però, nemmeno la sensibilità, la finezza d’animo, la dolcezza. 

Ammetto che trovare tutto ciò in un singolo uomo è quasi un’utopia, una fiaba, eppure, qualche volta, per un imperscrutabile intreccio di fattori, i sogni possono diventare realtà. 

Tutto prese le mosse da una delle tante feste dell’alta società. Era uno degli eventi più “in” e di tendenza dell’anno, quindi non me lo sarei persa per nulla al mondo. 

Conoscevo abbastanza bene quell’ambiente metrosessuale dove, tra fruscianti sentimenti e maliziosi ammiccamenti, era molto difficile che avrei potuto trovare qualcosa di più di un ordinario flirt, quindi figuriamoci “l’uomo della vita”. 

Ero, comunque, decisa a divertirmi ed incontrare qualche vecchio amico per scambiare quattro chiacchiere. 

Ancora non sapevo che quella serata avrebbe completamente cambiato, anzi, per la precisione, stravolto la mia esistenza.

Dopo il debito cerimoniale di accoglienza ed introduzione da parte dei padroni di casa, mi ritrovai in un regale salone inondato da un tripudio luci irradiate dai delicati lampadari di Murano e da un’impalpabile musica dolciastra. 

Ero accerchiata da un capannello delle più tediose ed insignificanti presenze convenute là per l’occasione. Quelle eminenze grigie, disquisendo sul nulla, parevano dilettarsi a riversarmi addosso un fiume di tediose argomentazioni che avrei volentieri evitato. 

Nonostante l’ambiente rutilante, si respirava una certa aria di noia, quasi di un rassegnato torpore esistenziale. 

Ad un certo punto, qualcosa accadde: venni abbagliata dallo scintillio di qualcosa che luccicava sotto un nero frac. Subito il mio sguardo fu catturato da una figura maschile. 

Era una vecchia conoscenza, il figlio dei padroni di casa: Richard. 

Indubbiamente, si trattava dell’uomo più affascinante, intrigante, sensuale, seducente in città. 

Narcisista quanto si addiceva al suo rango, era elegantissimo e di ineccepibili maniere. 

Galante ed ammiccante, ricco e potente, bello e piacente era sempre attorniato da uno stuolo 
di donne meravigliosamente perfette disposte a tutto pur di diventare la sua prescelta almeno 
per una sera, almeno per una notte. 

Leggenda metropolitana o realtà, di fatto, Richard era il più raffinato maestro nell’arte dell’eros ed ogni sua nuova conquista contribuiva ad aumentarne la già rutilante fama di eccezionale amatore ed amante. 

Come se non bastasse, era anche straordinariamente colto ed intelligente. 

Ebbene, con mia sorpresa, si diresse verso me con un’intrigante baldanza, proprio mentre un altro mio datato ma sempre rifiutato pretendente, interrompendo i soporiferi interlocutori, mi stava salutando. 

Lo scalzò come gli antichi cavalieri in corrusca armatura vincevano in torneo il cuore della loro dama. Mi prese la mano con un’inverosimile delicatezza. Appena le sue dita sfiorarono la mia pelle sentii un brivido lungo la schiena. Fu tanto improvviso e conturbante che, a stento, riuscii a dissimularlo. 

Con un baciamano dal grande seduttore che era, mi porse i suoi più sentiti omaggi dichiarandosi incantato dalla mia bellezza. 

In una frazione di secondo mi resi conto che il suo profumo, il suo sguardo, il contatto della sua mano mi avevano stregato: aveva inoculato in me l’oscuro morbo della passione, dell’amore. 

Sapevo che non avevamo nulla in comune, che il mio era solo un meraviglioso sogno ad occhi aperti… Però pensai che almeno per una volta mi sarei meritata di poter vivere anch’io una favola. Per ciò non mi limitai, come al solito, a rimettermi nelle mani del Destino. Questa volta volli essere io l’artefice della mia fortuna. 

Mi trovai, così, coinvolta in un erotico ed intrigante gioco di sguardi e fantasie. 

Lo cercavo spasmodicamente tra quella folla senza volti e senza emozioni. Rincorrevo il suo profumo che mi avvinghiava attraendomi con la forza del magnetismo animale. Mi lasciavo ipnotizzare dalla sua calda voce che elargiva frasi galanti alle varie ospiti. Quanto mi avrebbe reso felice se anche solo una di quelle suadenti parole, che bevevo come linfa vitale, fosse stata rivolta a me. 

Bramavo la sua attenzione ed ogni volta che il suo sguardo si incrociava con il mio erano attimi di eternità che mi trascinavano in un baratro di inconfessabili desideri. Avrei voluto avere il potere di far scomparire tutta quella gente insignificante, quelle donne da passerella, per rimanere sola con lui. 

Un delirio di struggenti emozioni e di inebrianti passioni mi stava assediando così, decisi di allontanarmi per riprendere fiato e cercare di riacquisire il controllo di me. 

Mi rifugiai nel guardaroba, fingendo di dovermi riassettare. 

Era una piccola stanza semi-buia con un grande specchio. 

Osservando la mia immagine riflessa, potei scorgere, nel profondo delle mie pupille dilatate non solo dalla penombra, gli oscuri meandri dei miei inconfessati sogni proibiti: speravo che Richard si fosse accorto della mia assenza e che mi venisse a cercare. 

Intanto che tentavo di calmarmi dalla tempesta che mi stava squassando, all’improvviso, sentii la maniglia muoversi, mi girai: ero inquieta. Tremavo e fremevo: bramavo che fosse proprio lui. 

La porta si aprì ed entrò una gialla luce abbagliante che mi accecò per un attimo. Poi lo vidi: altero e virile, elegante e suadente. 

Mi fissava come il predatore che sta per azzannare la sua inerme preda. In fondo, ero felice di essere la sua vittima, anzi, era proprio quanto stavo aspettando. 

Non feci tempo ad accennare un sorriso che egli mi aveva già preso tra le forti braccia, in una stretta fatale. Il suo respiro si confuse con il mio, il suo corpo era incollato al mio e pareva danzare al sinuoso ritmo di una silenziosa ma intensissima e misteriosa melodia erotica. 

Ci muovevamo al tempo della potente forza che, dalla notte dei tempi al crepuscolo degli dei, regola i flussi della vita nell’Universo. 

Cercai di divincolarmi, ma mentre mi allontanavo, egli mi trasse di nuovo a sé. 

Riprendendomi, con un nuovo slancio d’ardore, tra le sue braccia mi spinse contro il muro: ormai non potevo più sfuggirgli ero in sua completa balia e non mi dispiaceva affatto abbandonarmi a quell’inaspettato e bramato piacere. 

Le sue labbra smaniose erano già sulle mie. Le sentivo tremare per la smania, assetate dei miei baci, affamate di me. 

Non era un semplice bacio, era capriccio e possesso, violenza e dolcezza, era voglia di me. 

Mi lasciai trascinare dal suo sfrenato impeto: volevo essere dominata. Sottomissione? Una 
condizione che non ero solita provare.

Abituata sul lavoro a dominare, ad essere assertiva e conativa, avevo sempre il controllo di 
tutto e su tutto, specialmente sulle mie emozioni e passioni. 

Al massimo, talvolta, mi ero concessa qualche breve, illusoria esperienza di decontrollo 
controllato.

Sapevo che si trattasse di una farsa: una parvenza di abbandono all’irrazionale, al casuale, alle passioni ed agli istinti, consapevole che, in un qualsiasi momento, avrei potuto riprendere la redini e gestire la situazione senza mai lasciarmi coinvolgere troppo. Avevo paura di soffrire. 

Ma ora era qualcosa di diverso, Richard mi stava ubriacando: per la prima volta in vita mia, ambivo ad abbandonarmi fino in fondo ad un uomo, anzi, per la precisione, quell’Uomo, a quell’eterna energia vitale che mi stava trasmettendo con il suo slancio. 

Era come se avessi un’ingiustificata fiducia in lui. Fiducia che mi avrebbe fatto provare quello che nessun altro prima era stato capace di donarmi. “Ingiustificata” perché era una fiducia quasi paradossale in quanto riposta in un noto seduttore, in quello che tutte volevano e che, con sua magnanima generosità, molte riuscivano ad avere. 

Eppure non potevo fare a meno di esserne attratta, di desiderarlo perché in lui vedevo qualcosa di meraviglioso oltre l’apparenza, oltre il ruolo che recitava, oltre l’immagine che si era dato o gli avevano attribuito. 

Mentre tutti questi pensieri mi frullavano per la testa ed egli continuava a baciarmi passionalmente, sentimmo dei passi avvicinarsi. In un sussulto, mi separai dalle sue accoglienti braccia per ripristinare un contegno adatto ad un luogo pubblico. 

L’uscio si schiuse ed entrarono un paio di ospiti che intendevano andare sul balconcino a fumare. 

Il magico specchio di inconfessabili brame e di reconditi sogni si infranse andando in mille pezzi che si sparsero, inerti, nei nostri cuori squassati dalla febbrile tempesta della passione. 

L’indesiderata presenza di quelle due ombre calò su di noi un senso di insofferenza, di risentimento: aveva dissipato la misteriosa forza avrebbe potuto riunire quei frammenti di eterna felicità e deliquio sensuale permettendoci di proseguire a vivere quella sublime esperienza. 

Senza proferir un parola, i miei occhi si incrociarono con quelli di Richard e lasciammo quel mancato nido d’amore. 

Era rimasto qualcosa in sospeso: avevamo pregustato la malìa del piacere, l’ebbrezza dell’eros senza averne potuto godere. 

Infervorata da quel bacio e dalle fantasie che mi aveva scatenato, cupida di quel corpo e di quell’anima, nuovamente mi trovavo nell’elegante salone gremito di disincantate parvenze in frac e lustrini, sempre invischiate nelle loro tediose e soporifere discussioni. 

Eppure RICHARD, l’oggetto dei miei desideri, si trovava celato proprio là, tra quelle ombre di esistenze vuote. Ripresi, dunque, ad inseguirlo e ad intessere un’intrigante, malizioso gioco di 
sguardi e ammiccamenti.

Ad un certo punto, però, non riuscii più a scovarlo: era scomparso, si era dileguato come i bei sogni che ti accompagnano durante la notte e si sciolgono alle prime luci dell’alba, lasciandoti un senso di vuoto, di amarezza, di perdita. 

Eppure mi sembrava di sentirne il profumo: era vicino, molto vicino. Un’inquietante presenza che mi struggeva e mi tormentava eccitandomi. 

Ipnotizzata da questo caleidoscopio di forti emozioni, sentii che mi passò accanto e, discretamente, mi sfiorò la mano. Fu un tocco quasi impercettibile eppure il mio cuore tremò. Quell’invisibile gesto mi scatenò un’ulteriore tempesta sensoriale. 

Sorpresa e scossa, volsi a lui lo sguardo e, fremendo, ne incontrai i tenebrosi occhi incantatori che, con un malizioso cenno silente, mi invitarono a seguirlo. 

Ero calamitata da quel magnetico uomo, dal desiderio di lui. 

Dopo essermi assicurata che nessuno si fosse accorto dell’accaduto, seguii l’invisibile scia profumata che aveva lasciato dietro sé. 

Dove era andato? Era giusto ed opportuno quello che stavo facendo? Stavo per cadere in trappola? Stavo andando nella tana della tigre per farmi sbranare? Eppure quell’inebriante profumo, quell’inquietante sguardo, quel tocco erano irresistibili: mi avevano incantato, non potevo non seguirlo. 

Percorso l’intero corridoio, vidi che c’era una porta semi-aperta: doveva essere là. In effetti, quello era il luogo dove mi trascinava anche il sottilissimo ed inebriante percorso olfattivo. 

Con mano tremante, al pari di quando sai che dai prossimi minuti dipende una possibile svolta epocale nella tua vita, dischiusi la porta: era la camera da letto della padrona di casa. 

Varcata la soglia, venni investita dall’impalpabile abbraccio dell’intenso profumo di Richard. 

Tutto era immerso in un’intrigate penombra. A stento riuscivo a scorgere la sagoma di un antico e nobile letto a baldacchino coperto da una raffinata seta bordeaux, finemente ricamata con fili d’oro. Lo stesso tessuto formava le boiserie alle pareti ed era sinuosamente drappeggiato in roboanti sopratende. 

Due rosse candele a tortiglione, infilate in argentei candelabri d’epoca, baluginavano, tremanti davanti ad un enorme specchio con una barocca cornice dorata ricca di svolazzi. 

Poco distante, due trasparenti flute di prezioso cristallo boemo riecheggiavano i bagliori dell’ardente fuoco riflesso in un cestello del ghiaccio. Ricoperto da piccole goccioline di condensa, quest’ultimo accoglieva, come un florido grembo, una sfacciata bottiglia di costosissimo champagne, pronta a lasciar spumeggiare il suo divino liquido inebriante. 

Mi guardai attorno sperando di vedere anche lui: sembrava non esserci. Eppure, il suo profumo mi disorientava, mi ubriacava: non poteva che trovarsi là, ma dove di preciso? 

Mosso qualche passo all’interno di quel raffinato microcosmo, sentii la porta chiudersi e la chiave girare nella toppa. Era Richard. 

Intanto i miei occhi si erano abituati alla fioca luce e, nella penombra, lo scorsi: aveva qualcosa di conturbante e seducente. 

Se ne stava là in piedi, irresistibile tentatore e, nel contempo, sogno proibito. 

Quando i nostri sguardi, infuocati dal desiderio, si incontrarono, fu passione allo stato puro. L’attrazione erotica ci trascinò in una cupida spirale del piacere proiettandoci in un altro mondo, in un’altra dimensione. 

Facevamo l’amore con gli occhi: i neri e magnetici di lui penetravano nei miei luminosi e brillanti. Si insinuavano giù, sempre più in profondità, mi toglievano il fiato e mi fomentavano un vago deliquio. Il fuoco della passione si impadronì di me, dandomi un’insolita ebbrezza. 

Per qualche istante rimanemmo immobili, quasi l’eccesso di desiderio ci avesse paralizzati. 

Poi, colta da un incontrollabile istinto primordiale, presi ad anelarlo. Mi avvicinai ed appoggiai le mie rosse labbra sulle sue che, in breve, divennero, a loro volta, colore della passione. Vedere il tuo rossetto sulle labbra di un uomo è sempre eccitante, come sentire il suo odore sulla tua pelle: è condivisione, possesso, trasgressione, magnetismo animale. 

Dischiusa leggermente la bocca, ci scambiammo un lunghissimo bacio. 

Le nostre labbra si sfiorarono, si strusciarono, si bramarono ed, ogni volta che uno dei due accennava a staccarsi, l’altro, avido, si tuffava di nuovo in cerca di tale voluttuoso piacere. 

Richard baciava davvero molto bene perciò ne assecondai i movimenti creando un’armonia perfetta. E tanto fu il coinvolgimento, che ebbi l’impulso a portare avanti il bacino in modo da toccare il corpo di lui. 

Ero, evidentemente, eccitata, molto eccitata. Resosene conto, Richard prese a mordicchiarmi le labbra, per aumentare ulteriormente la mia smania di lui. 

Intanto la sua calda e liscia mano sfiorò la mia, la afferrò con dolce e voluttuosa fermezza: le nostre dita iniziarono a stringersi, a contorcersi, ad anelarsi. 

Morbosamente si avvinghiavano le une alle altre come in un violento amplesso. 

Fu allora che bramai di sentire quella stessa mano sfiorarmi il viso, scendere, delicatamente, lungo il collo, toccarmi il seno, poi la pancia, l’ombelico e proseguire, così, ad accarezzarmi proprio là dove la passione diventa energia amorosa, l’energia amorosa piacere, il piacere godimento, il godimento possesso, il possesso dono di una nuova vita. 

In breve, Richard realizzò il mio inconfessato desiderio. 

Le sue carezze mi fecero rabbrividire, poi tremare, quindi mi tolsero il fiato. Iniziai ad ansimare, a gemere, ad agognare che quel momento non avesse mai fine, che quell’uomo diventasse mio ed io sua, per sempre. 

Fu così che ci trovammo immersi in un’estatica e delirante spirale di moine e baci, di tenerezze e violenze, di emozioni e sensazioni, di spasimi ed umori, di effimero ed eterno, di passato e futuro. Divenni una sola cosa con lui perché eravamo le due metà del cielo troppo a lungo rimaste separate e che erano destinate a ricongiungersi per ritrovare la pienezza, la completezza, la perfezione, la felicità. 

Quella notte, quell’uomo, Richard, cambiò davvero la mia vita. Mi insegnò che non bisogna mai smettere di credere nei sogni, che bisogna combattere per renderli realtà perché, spesso, il vero ostacolo alla loro realizzazione siamo proprio noi stessi, le nostre paure, i nostri timori. 

Quella notte Richard mi condusse nelle magiche lande del piacere, della gioia, della felicità, della pienezza, dell’affinità spirituale e carnale, della condivisione degli amorosi sensi, della ricongiunzione con la propria metà. 

                                  A. C.