mercoledì 19 dicembre 2012

Bravò, Gérard

       La tutela della libertà è fatta anche, per non dire soprattutto, di atti di ribellione. Si potrebbe risalire al classico No taxation without representation, punto di avvio della Rivoluzione Americana, per chiarire che il rapporto tra libertà individuale e libertà economica è fondamentale, nella condizione umana.
       Ma ammettiamo che si crei un totalitarismo neppure troppo mascherato, fatto di "grandi fratelli" che ti dicono sempre e comunque che cosa devi fare, naturalmente per il "Bene comune", che - singolare coincidenza - spesso si identifica con il loro. Ammettiamo che l'attività dei produttori sia sottoposta al continuo controllo dei percettori. Sotto il profilo teorico, la cosa sarebbe teoricamente legittima, visto che le macchine statali funzionano grazie al contributo dei cittadini. Tuttavia, nel momento in cui tale contributo comincia a raggiungere quote percentuali in cui il produttore lavora per niente, al massimo per ingrassare i percettori, di cui i media rendono ogni giorno note le abitudini che, con grandioso eufemismo, si potrebbero definire disinvolte, allora non resta che la ribellione.
      In un'epoca di individualismi, la ribellione individuale è una delle strade più credibili e la fuga all'estero, in luoghi fiscalmente meno iniqui di alcuni Paesi europei, è una soluzione possibile, mentre la restituzione del passaporto e la rinuncia alla cittadinanza rappresentano una moderna versione dell' "ingrata Patria, non avrai le mie ossa", di classica memoria.
       Se non fossimo tutti superficiali e frettolosi, rifletteremmo a lungo sulle conseguenze cui ci hanno portato l' "economicidio" e il "fiscalicidio" cui siamo sottoposti, ma, come in ogni società totalitaria che si rispetti, un "pensiero unico" ormai incombe sulle nostre vite, impone adesioni plebiscitarie, tende ad emarginare come reietti coloro che continuano a pensare con la loro testa.
        Come la Storia insegna con abbondanza di esempi, non siamo di fronte che all'ennesimo caro di una burocrazia che, per garantirsi un'esistenza di privilegio, distrugge tutto e tutti, ovviamente in nome del "Bene comune" (difficile pensare che lo farebbe in nome del "Male comune", non credete...?).
        Su questo sfondo, siamo al "si salvi chi può" e, se qualcuno ricco e famoso come l'attore francese Gérard Depardieu può permettersi la sua personale ribellione, il suo gesto di sfida di trovare rifugio all'estero e di rinunciare alla cittadinanza, per noi, gente comune con redditi infinitamente inferiori, le soluzioni che si offrono sono decisamente più complesse. Forse si imporrebbe anche una riflessione sull'utilità delle politiche di assistenza "dalla culla alla tomba". La mia personale sensazione è infatti che, non appena uno nasce, quindi "dalla culla", poi si trovi immediatamente infilato in una "tomba", quella bancario-fiscale.  Se è questo l'autentico significato della frase-chiave di tutti gli assistenzialismi europei - che dunque andrebbe letta come "dalla culla direttamente nella tomba" - personalmente preferirei fare a meno di un'esperienza così esaltante!!
        Il tutto mentre coloro che ci fanno la morale spendono e spandono per il "Bene comune". Up patriots to arms, engagez-vous...!
                                                                         Piero Visani

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