Sarebbe interessante chiedersi perché certi rapporti umani, che nella loro fase di crescita appaiono come il frutto di una felicissima interazione, di un favoloso idem sentire tra due soggetti apparsi tra le nebbie del mondo, incontratisi per caso e conosciutisi progressivamente, possano precipitare rovinosamente e distruggersi, senza che sia più possibile salvarli.
La mia personale tesi è che si tratti di un fatto di interpretazione: A interpreta tale rapporto in un modo, B in un altro e - se i due non se lo dicono, o lo dicono in maniera non sufficientemente chiara - il rapporto matura da sé, anche se al suo interno i protagonisti hanno già preso direzioni diverse.
La scoperta di tale differenza di interpretazione, in genere, è tragica, perché rivela quante cose possano esserci in un "non detto" (e, naturalmente, anche quante possano essere occultate all'interno del medesimo...). A quel punto, ad esempio, A rimprovererà a B di avere tradito la sua fiducia, e B rimprovererà ad A di essersi spinto troppo avanti, ben al di là di quelle che erano le aspettative inizialmente poste nella relazione.
In quella situazione, ogni mediazione è impossibile: non si può finire da "buoni amici" una relazione in cui A voleva tutto e B era disponibile a poco, se non a nulla. A si sentirà tradito, B offeso.
Il rapporto, in sé, appariva bellissimo, ma, di fatto, rapporto non era, poiché diversissime erano le interpretazioni del medesimo. Quando tale divergenza è emersa appieno, si è trattato di un'autentica rivelazione, dolorosa per A, sorprendente per B. A si è chiesto perché mai avrebbe dovuto investire parte di sé e della sua vita nella ricerca del nulla, B ha scoperto a sue spese come le differenze di interpretazione di un medesimo legame possano creare disastri.
Rapporti del genere non ammettono un dopo: A si sentirà per sempre tradito/giocato/preso in giro; B penserà di avere avuto a che fare con un pazzo.
In mezzo a questi due estremi si situa un universo di sfumature, che sono l'essenza della storia, ma che sono peculiari di ogni singola vicenda. Tuttavia, la differenza di interpretazione resta fondamentale: A non ha mai pensato a limiti; B ci ha pensato fin dall'inizio, o da prima. Fine (anzi, se non si ha paura della verità, non c'è mai stato neppure un inizio, poiché gli inizi di due cose diverse sono, in realtà, due inizi, non uno). Di fatto, anche se forse può risultare sgradevole dirlo, non c'è stato nemmeno un rapporto. Era tutta una finzione, un'autorappresentazione di sé. I protagonisti lo hanno scoperto tardi. A rimprovererà per sempre a B la sua totale mancanza di sincerità e relazionalità; B si chiederà di che cosa A stia parlando.
E poi dicono che l'incomunicabilità non esiste. Esiste, eccome, e fa disastri.
Piero Visani
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