venerdì 6 febbraio 2015

Il coraggio della dignità

       Grande sorpresa, in Europa, per la durezza della reazione giordana contro l'ISIS. Una reazione normalissima per tutti ("mi colpisci, io reagisco e magari ci aggiungo pure qualcosa, tanto per gradire...") e addirittura prevedibile per chi conosca la tradizione militare hascemita e le prodezze della Legione Araba di Glubb Pascià contro gli israeliani.
       In Europa, per contro, i valori militari sono morti nel 1945 e del resto difficilmente avrebbe potuto essere altrimenti, perché solo la più totale sudditanza ai nuovi padroni (americani o sovietici) avrebbe potuto garantire la nuova condizione servile degli europei. Il potere militare è la massima espressione della sovranità statale e nell'Europa post-bellica di sovranità nazionale non ce n'era proprio. C'era solo il massimo asservimento ai nuovi padroni. Ad Ovest, questo voleva dire poter sorbirsi il cinema hollywoodiano e le relative metapolitiche guerriere, riservate però ai titolari del "destino manifesto", ma tutto il resto era distrutto scientemente, dai nuovi padroni, che avevano bisogno solo di ascari, di fedeli esecutori, non certo di forze militari realmente nazionali.
      Non che il Giordania le cose siano andate molto diversamente, ma colà l'impero britannico aveva saputo creare una tradizione militare nazionale, anche se si era ovviamente preoccupato di inserirla in una logica imperiale. Gli americani, invece, hanno sempre e solo avuto bisogno di servi sciocchi e la loro metapolitica è sempre stata intesa a fare dell'Europa una realtà politicamente defunta e inesistente, che non disturbasse il "manovratore".
       Così, ora guardiamo i giordani reagire con rabbia all'affronto dell'ISIS con un sentimento che va dall'invidia all'incomprensione, come se in fondo questi beduini fossero rimasti, sotto sotto, un po' barbari, senza capire che la devirilizzazione e la femminilizzazione della civiltà europea hanno compiuto disastri, ai quali abbiamo assistito - e spesso partecipato - con compiaciuta soddisfazione. Così, in un mondo che fila diritto verso il moltiplicarsi delle guerre, noi porteremo la nostra cultura dell'"amore universale" e del "dialogo ragionevole". Non ci resta che recitare - se siamo cristiani - un bel De profundis, per noi... Come sempre, infatti, i Paesi che non hanno tradizioni militari, dovranno subire quelle altrui.

                           Piero Visani






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