Seguendo i talk show di questi giorni, si comprende la fondatezza della frase attribuita ad Adolf Hitler: "Se non ci fosse l'ebreo, bisognerebbe inventarlo". Per quanto formidabili deprecatori dell'uomo che incarna il "Male assoluto", infatti, gli spin doctor occidentali hanno ripreso pari pari questa affermazione, limitandosi a sostituire "ebreo" con "islamico".
In effetti, quando le situazioni interne sono catastrofiche, quando libertà, diritti politici, economia e quant'altro fanno orrore, nulla di meglio che trovare un bel nemico esterno, dietro il quale ricompattare il Paese. Se i comunicatori del Presidente del Consiglio volessero risultare più convincenti, suggerirei una bella intervista a quest'ultimo dal ponte del CAVOUR, possibilmente con addosso un bel giubbottone blu della collezione "Armata di Mare" e un binocolo al collo, pronto a "spezzare le reni alla Libia".
Di italiani "sprezzanti del pericolo" ce ne sono stati molti, nella storia patria, e le hanno dato lustro, ma di italiani "sprezzanti del ridicolo" ce ne sono stati - ahinoi! - molti di più e, nei momenti di presunta crisi, tendono a moltiplicarsi.
Bisogna partire dalla premessa che questo è un Paese in cui l'esimio ministro della Difesa, interrogato in televisione sul tema, ha affermato con una certa sicumera che "i bombardieri sono gli aerei che bombardano", per cui - per evidente proprietà transitiva - "i corazzieri (s)corazzano, i carabinieri carabinano e i marinai marinano (le scuole...?)"; in cui pochissimi sanno qualcosa di questioni militari e, di quei pochissimi, i quattro quinti evidenziano un marcato complesso di inferiorità nei confronti della cultura pacifista dominante e il restante quinto è talmente autoreferenziale che non riesce neppure a rendersi conto che, comportandosi in un certo modo, vaga per i vari talk show esibito come un piccolo "Dottor Stranamore de noantri" e si pavoneggia scioccamente senza neppure accorgersi che lo stanno clamorosamente prendendo per i fondelli. Contento, in una parola, di inanellare "figure di guano" ad uso e consumo della macchina mediatica. Contento lui...!
Guardo il tutto sine ira et studio. Il mio Paese mi ha fatto molto male e oggi mi sento completamente apolide, senza alcun vincolo di appartenenza identitaria. Non sono italiano, sono me stesso. Punto. E mi fa molta tristezza vedere come da noi, quando parte l'ordine "delli superiori", tutto diventa "ottimo e abbondante", a cominciare ovviamente dal metaforico rancio quotidiano. Passare da una cultura di ostentato pacifismo e di universalismo irenista a una di bellicismo da operetta, e farlo "tutto in una notte", ha effetti esilaranti su chi conosce un minimo certe tematiche e il fatto che tutti NON conoscano ciò di cui stanno parlando non li rende, solo per questo, un po' più acculturati... Cento ignoranti non fanno un sapiente, a meno che non si sia di cultura democratica...
Tuttavia, una giustificazione forte c'è e la comprendo: al governo della Libia non interessa alcunché. I "tagliagole" dell'ISIS servono solo a far guadagnare credibilità e ad allungare la sopravvivenza al potere dei "cravattari" nostrani e di quelli europei e internazionali che li sostengono.
Qualcuno ha voglia di farsi ammazzare per costoro? Il nostro interesse nazionale si identifica per caso con quello dei "cravattari"? Se sì, prego, accomodatevi, armatevi e partite. Mi aspetto, su qualche litoranea libica, una nuova scritta "intelligente" del tipo "Mancò la fortuna, non il valore". Vorrà dire che, anche in questa nuova guerra libica, al 90°, proprio sul più bello, avremo preso palo, un po' come nella precedente (ma in che stadio si giocava, non ricordo...? O sto confondendo anch'io - come i miei ex-connazionali - calcio e guerra? Del resto, che avessimo una marcata inclinazione a farlo se ne era già accorto Winston Churchill).
Ai più avvertiti - che certo non mancano - mi permetterei di ricordare il profondo significato della celebre frase di Samuel Johnson: "il patriottismo è l'ultimo rifugio delle canaglie". Pensate a certe facce, a certe frasi, a certi comportamenti di oggi e di sempre, e chiedetevi se il grande letterato inglese davvero si sbagliasse.
Piero Visani