mercoledì 23 marzo 2016

Dei delitti e delle pene

       Mi sono preso più di una critica per il mio costante impegno, nell'attuale situazione dell'Eurolager, a mettere costantemente in relazione il "fronte interno" con il "fronte esterno". Non intendo rivendicare meriti che non ho, ma vorrei far notare la strettissima connessione che esiste tra il non consentire quasi mai ai cittadini di esercitare il loro diritto alla legittima difesa, sul piano interno, e il rinunciare ad esercitarlo sul piano internazionale.
       Come ogni italiano sa, reagire oggi a un'aggressione è forse addirittura più pericoloso che subirla, nel mentre si moltiplicano i furti e le rapine nelle abitazioni. Se infatti un cittadino cerca di difendere a mano armata i propri cari e i propri beni (non tutti sono frutto di depredazioni varie, dopo tutto, molti anche di lavoro e legittimi guadagni), può rischiare moltissimo in termini di eccesso di difesa, comprese condanne varie e il pagamento di onerosi risarcimenti.
       Questa assurda visione, tuttavia, esiste anche sul piano esterno, perché chiunque può fare qualsiasi cosa a un Paese dell'UE senza che in pratica succeda niente, senza che ci sia alcuna reazione, a parte i gessetti, le canzoni furbette (stile Imagine), i fiorellini, i pelouches e le lacrime di coccodrillo.
       Tutto ciò dimostra che, se non si tratta di operazioni che nascono all'interno della stessa Unione (dubbio che nessuno mi toglierà mai dalla testa), certamente è la medesima che proietta all'esterno la cultura che fin dalla sua genesi ha coltivato al proprio interno, vale a dire quella cultura per cui le colpe non sono mai dell'aggressore, ma sempre dell'aggredito. La stessa cultura, dunque, che si ritrova sul piano interno. Poiché quello che a persone normali ovunque apparirebbe un delitto, mentre in questa Europa di pazzi non lo è, risulta perfettamente normale che anche un'aggressione terroristica non venga ritenuta tale e il mostro venga accolto, nutrito, pasciuto e coltivato al proprio interno (Molenbeek e Londonistan docent)
       Al di là di tutte le varie considerazioni che si possono fare in materia, si tratta di un comportamento tipico delle civiltà morenti o già morte: chi reagisce, infatti, attiva il proprio istinto di conservazione, e lo fa perché tiene alla sua vita e ad avere un futuro. Chi non reagisce, per contro, non tiene né all'una né all'altro e preferisce lasciarsi morire, quasi che la morte equivalesse (e nel caso dei sudditi dell'UE è proprio così) a una liberazione, la liberazione da un regime di fiscalità e illegalità folli.
       Ancora una volta, dunque, non è la minaccia esterna a preoccuparci, ma la crescente insostenibilità degli assetti interni che ci siamo dati. Nessuno può permettersi di aspettare i Tartari, quando i Tartari sono già dentro l'Europa e sono stati fatti entrare proprio da quelli che in teoria avrebbero dovuto difenderla. Non a caso, anche oggi, anche dopo quello che è successo, nessuno parla di difesa, perché farlo equivarrebbe a smantellare il sistema di potere che tiene in piedi l'UE e che proprio sull'immigrazione di massa finanziariamente e politicamente si regge. Un circolo virtuoso, che rende miliardi di euro e procura tanto potere.

                                             Piero Visani



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