Ho sempre provato un grande divertimento quando, fin dai tempi della prima Guerra del Golfo, mi toccava seguire gli interventi giornalistici e mediatici dei cosiddetti esperti militari. Sparuta squadretta, sulla carta stampata ancora se la cavavano decentemente, ma il meglio lo raggiungevano quando erano chiamati in televisione. Lì il divertimento raggiungeva il suo climax: occhi spalancati, pupille dilatate, parevano quei bambini appassionati di soldatini che, per una volta, erano tirati fuori dal loro ghetto e chiamati a discettare di cose di cui nessuno sapeva niente, tra i giornalisti e il grande pubblico.
Di norma, questi esperti erano abbastanza competenti, talvolta anche piuttosto competenti, sotto il profilo strettamente tecnico, ma la loro competenza professionale era di norma esattamente inversa alla loro sapienza politica, anzi - detto meglio - era direttamente proporzionale alla loro insipienza politica, metapolitica e comunicativa.
Ricordo una volta, in una delle tante trasmissioni di Santoro, un esperto militare (non ne farò il nome per correttezza) letteralmente portato a fare la figura del guerrafondaio à la "Dottor Stranamore" solo grazie alla superiore capacità giornalistica e soprattutto politica e comunicativa del noto conduttore, che lo manipolò alla grande e a proprio piacimento, senza che il malcapitato (peraltro non propriamente noto per essere un "fulmine di guerra", ma solo un esperto militare...) praticamente se ne accorgesse.
Del resto - e ai nostri esperti di sicurezza non è per nulla chiaro (e già questo è stupefacente) - essi vengono chiamati nei vari talk show televisivi soprattutto per dimostrare che la soluzione militare, se e quando esista, è la peggiore possibile. Pochissimi, di superiore cultura e intelligenza, se ne accorgono e reagiscono di conseguenza. Gli altri "si illuminano" di immenso e cominciano per l'appunto "a giocare ai soldatini in tv", facendo ovviamente la figura dei dementi, o degli stolti o degli esaltati, o degli infantili. A tutti sfugge incredibilmente la dimensione politico-comunicativa del loro essere in uno studio televisivo e, così facendo, le loro reazioni sono quelle tipiche di un provinciale invitato in un ristorante sciccoso e pluristellato: sono terribilmente fuori posto, ma manco se ne accorgono.
Di norma, poi, gli esperti militari nostrani - forse anche non proprio per disinteresse personale... - sono favorevoli a ogni forma di intervento e di bellicismo, il che li rende spesso ancora più macchiettistici. Feci delle considerazioni e delle lezioni in tal senso, quando stavo dall'altra parte della barricata, ma nessuno parve comprendere che attraversare indenni una trasmissione televisiva è forse più difficile, militarmente parlando, che attraversare un campo minato. Si tratta, in genere, di persone piene di certezze, ansiose di comunicarle, e appassionate di ciò che parlano, ma appassionate in forma tecnica, non empatica, per cui non riescono a trasmettere nulla di ciò che vorrebbero, salvo una vaga sensazione di fastidio, abbinata a una di terribile insipienza politica e metapolitica.
Quando guardo i talk show, in queste serate, mi pare che nulla sia cambiato, al riguardo, e che l'incapacità di collocarsi - metapoliticamente e culturalmente - non sia per nulla diminuita, anzi.
Piero Visani