Da tempo mi sento in sintonia con la tesi del professor Oliver Roy, seconda la quale non saremmo in presenza di una radicalizzazione dell'Islam ma, al contrario, di una islamizzazione del radicalismo.
In passato, le gioventù europee ebbero la possibilità di manifestare il loro radicalismo politico in vari modi, giusti o sbagliati che fossero, di scatenare le loro pulsioni giovanili e di vedere quasi sempre i loro sogni fallire, traditi non dall'imborghesimento, ma dal manifesto "entrismo" dei loro capi e capetti, ansiosi non di realizzare un qualche programma, bensì solo di trovare un "posto al sole" che li rendesse membri riconosciuti e stimati della classe dirigente. Può essere questa triste deriva che ha fatto sì - insieme alla crescente depoliticizzazione e debellicizzazione di tutto, in omaggio a un vuoto pacifismo - che i giovani della generazione successiva, tipo quella di mio figlio, nato nel 1983, abbiano una naturale repulsione per la politica, di cui constatano - nelle totaldemocrazie che hanno visto sorgere e prosperare mentre crescevano - la più assoluta inutilità, votata semplicemente all'ossequio dei grandi potentati finanziari e dei loro voleri.
Tuttavia, gli europei sono destinati ad estinguersi, anche in fretta, mentre i "nuovi europei" di colore appartengono a culture diverse, non rispettano gli stessi codici culturali e comportamentali, non inseguono gli stessi miti. Hanno culture che gli europei imbelli definiscono "primordiali" e quelle culture sono la loro benedizione, perché li spingono all'anticonformismo, alla presa di distanze, alla rivolta.
Ci sono, tra loro, molti piccoli delinquenti comuni, molti soggetti che, per pochi euro, possono diventare preda delle più scaltrite "centrali d'acquisto" dei servizi segreti, e poi c'è una massa piuttosto grande di soggetti che vorrebbero magari anche trovare un lavoro e integrarsi, ma dove, ma come?
La trascuratezza delle attuali oligarchie europee nei loro riguardi può essere spiegata solo pensando che, al momento, queste ultime abbiano come obiettivo prioritario il completo e definitivo assorbimento della popolazione bianca, prima di rivolgere le loro "cure" a quella di colore e di immigrazione più o meno recente. Il tempismo di questo snodo sarà fondamentale, in quanto asservire prima e sopprimere poi la gioventù europea è un obiettivo relativamente facile da conseguire: dopo tutto, è una gioventù che si diletta con gessetti, fiori e orsacchiotti di pelouche: quale resistenza potrà mai opporre e quali danni potrà fare?
Molto più difficile è la questione successiva: come gestire l'asservimento dei giovani "nuovi europei", che non condividono le scempiaggini sull'universalismo pacifista e hanno ancora voglia, fierezza e coraggio per ribellarsi? Questo sarà un passaggio molto meno agevole e gli europei, se non volessero essere una semplice voix d'outretombe, in quella direzione dovrebbero guardare, per cercare alleanze certamente momentanee, ma per nuocere al nemico principale, che è e resta uno solo: l'oligarchia finanziaria di cui siamo ormai diventati i nuovi schiavi. Strano che pochi lo capiscano e che si vogliano solo ergere muri. Ma a che servono i muri, se il cavallo di Troia è già ben dentro le Porte Scee e tutti quelli che dovevano uscirne (dal cavallo, non dalle Porte...) lo hanno già fatto e stanno decidendo ogni singolo momento delle nostre vite, evento facilmente constatabile dal fatto che ogni singolo momento delle nostre vite consiste in corvées prestate a costoro, non solo a titolo gratuito, ma addirittura pagando - e molto! - di tasca nostra, fino a spogliarci di tutto?
Piero Visani