Ho un sogno ricorrente, in questi giorni: vedere un politico di destra, centrodestra o come che sia, il quale - a fronte della centomillesima domanda sul fascismo - invece che arrampicarsi sugli specchi per trovare risposte improbabili che fanno godere il giornalista che li interpella non perché siano tali, ma perché gli fanno sentire di essere detentore di un piccolo potere, quello di avere una domanda che comunque costringe l'intervistato sulla difensiva, si sentisse rispondere più o meno in questi termini:
"Guardi, mi hanno posto spessissimo questa domanda e gli anni dalla fine del fascismo continuano ad aumentare. Capisco e condivido la sua difficoltà a interpretare in maniera meno banale una funzione, quella giornalistica, che è ormai arrivata al capolinea, e ancor più capisco e condivido la paura che ella nutre per la sicurezza del suo posto di lavoro, ormai sempre più precario. Tuttavia, vorrei dirle quanto segue, e poi non toccare mai più questo argomento.
Capisco che rimanere disoccupati possa fare paura a chiunque, ma - mi creda - lei farebbe molto più onore alla sua professione se, invece che del fascismo, fenomeno politico esaurito e ormai consegnato al giudizio degli storici, mi sollecitasse a parlare non dei morti o delle nefandezze di oltre settantanni fa e potessimo invece discettare sui morti e le nefandezze attuali: i suicidi di Stato, la paura per il futuro, la morte che si normalizza in tempo di pace; tutti argomenti strettamente legati all'attualità e che richiedono non che mi debba scusare io, ma che debbano scusarsi e impetrare pietà coloro i quali hanno ridotto questo Paese nelle penose condizioni in cui versa.
Nella nostra vita quotidiana, il fascismo ha perso qualsiasi rilevanza, anche residuale, per cui rispondere a domande su di esso equivale a qualcosa di meno concreto che parlare del sesso degli angeli. Potremmo parlare del presente e dei suoi orrori, non del passato e di orrori che ormai hanno un'unica funzione, quella di occultare gli orrori del presente".
Ovviamente, cercheranno di contrastare una reazione del genere e cercheranno di fare di tutto per darle fastidio, ma finalmente si uscirà dalla pantomima che obbliga una parte politica a sottomettersi docilmente a questa specie di cursus (dis)honorum, destinato sempre e inesorabilmente a concludersi con l'attesa "proskunesis".
Mi sono anche chiesto poi - ed era inevitabile - per quale ragione tutta una classe politica abbia fondato il proprio esistere sulle abiure e ho capito che si tratta di una prassi vergognosa e risibile, ma al tempo stesso irrinunciabile per chi voglia meritarsi una poltroncina (o un semplice strapuntino...) nella pochade politica della pseudo-democrazia italiana. Con il suo gusto caustico per la sintesi, Giuseppe Prezzolini avrebbe detto che si tratta di "politica alimentare". E, quando si è detto questo, di certi personaggi pseudopolitici si è detto davvero tutto...
Piero Visani