lunedì 30 giugno 2014

La forza dell'abitudine

       Ho passato una parte predominante della mia vita coinvolto in relazioni con donne che, per vari motivi, odiavano gli uomini, in maniera più o meno accentuata e ne ho fatto un tema conduttore della mia esistenza in misura tale per cui, a un certo punto, ho finito per pensare che quell'atteggiamento così ostile fosse tipicamente femminile. Mi sforzavo di dare tutto il meglio di me e di mostrarmi dialettico, ma nulla da fare: per qualunque cosa di positivo facessi, non andava mai bene niente, nel migliore dei casi, e non andavo bene io, nel peggiore.
        Poi una mia amica, valente psicologa, mi ha fatto nitidamente comprendere che dovevo smetterla di cercare archetipi estetici o psicologici o comportamentali, come in fondo avevo fatto fino a quel giorno, e mi ha esortato a cercare donne vere, che non mi odiassero o diffidassero di me in quanto maschio, ma che mi apprezzassero come tale.
       Le ho dato ascolto, ovviamente, e la sorte mi è stata benigna, ma mi pervade tuttora il dubbio se una serie di esperienze di vita così assolutamente simili l'una all'altra sia stata solo colpa mia, della mia insipienza, della mia incapacità di scegliere, o non sia anche possibile che un modello femminile di tal fatta sia un po' troppo diffuso.
       Come mi ha detto una amica molto saggia, "sei stato molto poco amato", e forse è vero, e forse è tutta colpa mia. Mi assumo virilmente la responsabilità di avere un carattere tutt'altro che facile, ma forse, se talvolta avessi trovato un briciolo di comprensione, invece che tante "maestrine dalla penna rossa", alcune mie vicende di vita sarebbero state diverse.
       In ogni caso, da convinto vitalista, sono attivamente à la récherche du temps perdu. Non mi ritengo immune da colpe, ma la mia feroce autostima fa sì che non mi scoraggi mai, ma proprio mai. Come tutti gli egosintonici, mi amo molto e non sono eventuali incidenti di percorso a farmi cambiare idea.

                         Piero Visani


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