Quanto di noi stessi portiamo dentro i nostri scritti? Io credo (e spero) molto, perché, nella mia personale visione dell'attività di scrittura, colui che scrive lo fa in primo luogo per aprire un dialogo con se stesso, prima ancora che con gli altri.
Fin dalle prime righe di Ubique, ho capito che questo romanzo era un viaggio dell'Autore all'interno di sé, un tentativo di "spiegarsi spiegando", se vogliamo dire così, di chiarire se stesso attraverso una serie di eventi che possono apparire molto criptici a chi non conosca Umberto Visani, ma che sono piuttosto chiari a chi - come me - ne è il padre.
Ciascuno di noi è figlio di ciò che ha vissuto, dell'aria che ha respirato, delle esperienze che ha compiuto. Tutto questo risalta con particolare vigore nel libro e io sarei quasi tentato di dire che esso possa essere assimilato, vista la giovane età dell'Autore, a una sorta di Bildungsroman scritto non proprio in forma autobiografica, ma metaforica, dove quindi gli eventi sono sì ciò che accade ma, al tempo stesso, sono metafore esistenziali, vividi resoconti di ciò che, nel suo percorso di formazione, ha inciso sub-liminalmente sulla mentalità e la psiche dello scrittore.
Se c'è un invito che mi sento di rivolgere ai lettori, questo è allora di accostarsi al libro con chiavi di lettura diverse, di cui le più importanti sono, da un lato, l'attenzione al dipanarsi della vicenda: ben strutturato, attentamente bilanciato, preoccupato di creare suspence e aspettativa in quanti sono giustamente interessati a tutto ciò che di misterioso è insito nella narrazione. Tuttavia, dall'altro lato, li inviterei altresì a compiere un "viaggio all'interno dell'Autore", che è forse la parte più stimolante e sorprendente, in quanto nel libro Umberto Visani parla moltissimo di sé, certo assai di più di quanto non faccia abitualmente a parole, anche se lo lascia trapelare con parsimonia, pur spargendo indizi ovunque.
Lo svolgersi di "Ubique" è dunque quasi una struttura a doppio binario, con una serie di incastri che offrono al lettore, a seconda di quali siano i suoi gusti e le sue curiosità, la possibilità di scegliere tra un percorso esteriore (che poi, a ben guardare, è assai meno esteriore di quanto si potrebbe a prima vista ritenere, visto che è densissimo di mistero) e un percorso interiore, quel viaggio nell'anima multiforme e complessa di un Autore che chiaramente già sa bene come si costruisce una trama e che è pure perfettamente consapevole che spesso, per costruire un mistero, bisogna risolverne molti altri, a cominciare da quelli che ciascuno di noi reca in sé...
Dal momento che questo giovane Autore scriverà - ne sono certo - ancora e molto, mi permetto di invitare i lettori a fruire pienamente di entrambe le chiavi di lettura: la prima li divertirà e li convincerà della scelta felice che hanno compiuto nel leggere il libro; la seconda li stimolerà a riflettere e ad ipotizzare che cosa questa "mente pericolosa", nelle sue confessioni, potrà riservarci per il suo secondo romanzo, vista la sua abilità nel tracciare parallelismi tra il disvelamento di sé e quello delle storie che crea.
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